Natale 2022: Affinati, “i piccoli profughi incarnano l’infanzia del mondo, la tensione che ci spinge a non perdere la speranza”

“Non dovremmo mai rinunciare alla speranza di poter cambiare, non dico le sorti del mondo, ma almeno la persona che incontriamo”. Lo dice in un’intervista al Sir lo scrittore e insegnante Eraldo Affinati, pensando ai profughi ucraini suoi allievi della scuola Penny Wirton a Roma: “Donne e bambini impegnati a ricostruire la loro vita spezzata. Abbiamo anche un paio di studenti russi: imparano i verbi accanto a loro. Quando li vedo insieme nello stesso spazio comune, provo una grande emozione”. “Questi scolari impegnati a compitare le sillabe – spiega -, le cui nazioni sono oggi contrapposte, non solo russi e ucraini, ma eritrei e etiopici, palestinesi ed ebrei, turchi e curdi, vengono visti da tutti gli altri presenti in aula: indicano la possibilità di una pace separata, non ideale e utopica, ma concreta e operativa. E’ come se ci dicessero: spogliamoci delle nostre magliette identitarie e ritroviamo la matrice umana che, pur nelle differenze, ci accomuna”. Un grande esempio anche per gli studenti italiani che fanno con loro i tirocini formativi “come piccoli docenti dei loro coetanei immigrati”.
“In queste ultime settimane – racconta Affinati – ho avuto modo di osservare a scuola diversi bambini piccoli, di neppure tre anni, che hanno riacceso dentro di me la luce della stella cometa, indicandomi la via da seguire per evitare sconforti e smarrimenti: Kevin, nigeriano nato in Italia ma concepito in Africa, in piedi sul seggiolone, scruta la folla degli studenti con un’intensità speciale, come se si preparasse ad attraversare l’oceano; Stefano, peruviano appena arrivato nel nostro Paese, raccoglie da terra le carte del mosaico con una solerzia encomiabile; Asma, bengalese dalla faccetta curiosa, mostra fiera alla volontaria i suoi pastelli colorati; Abdullah, afghano finalmente ricongiunto alla famiglia, mi dà la manina con una serietà impressionante”. Impossibile, conclude, Affinati “dire quali vite avranno questi campioncini sui blocchi di partenza. Ma so che incarnano l’infanzia del mondo, la tensione pulsante che ci spinge a non perdere la fiducia nelle nuove generazioni”.

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