“Il Natale non è la fiaba della nascita di un re, ma è la venuta del Salvatore, che ci libera dal male prendendo su di sé il nostro male: l’egoismo, il peccato, la morte. Questo è il nostro male: l’egoismo che portiamo dentro, il peccato, perché siamo tutti peccatori, e la morte. E i martiri sono i più simili a Gesù”. Lo ha detto ieri il Papa prima della recita dell’Angelus nel giorno della festa di Santo Stefano. La parola “martire”, ha ricordato Francesco, significa “testimone”: “I martiri sono testimoni, cioè fratelli e sorelle i quali, attraverso le loro vite, ci mostrano Gesù, che ha vinto il male con la misericordia. E anche ai nostri giorni i martiri sono numerosi, più che nei primi tempi”. Quindi il Pontefice si è soffermato sulla figura di santo Stefano, che era uno dei sette diaconi che la comunità di Gerusalemme aveva consacrato per il servizio delle mense, cioè per la carità: “Ciò significa che la sua prima testimonianza non l’ha data a parole, ma attraverso l’amore con cui serviva i più bisognosi”. La seconda dimensione della sua testimonianza è stata “accogliere la Parola e comunicarne la bellezza, raccontare come l’incontro con Gesù cambia la vita”. “Carità e annuncio, questo era Stefano”, ha chiosato il Papa, precisando che “la sua testimonianza più grande è un’altra ancora: quella che ha saputo unire la carità e l’annuncio”.