Ucraina: card. Zuppi a Radio Vaticana, “bisogna creare un nuovo patto che garantisca una situazione di equilibrio e di pace”

“Ci stiamo misurando con la fragilità e con la forza del male ed il benessere ci stordisce e ci fa credere che siamo noi sempre a decidere e che quindi tutto andrà bene, dopodiché ci accorgiamo che non va tutto bene, della banalità del male del quale misuriamo la forza. E questo ci confonde ancora di più, perché il benessere sembra un diritto e pensiamo di essere sempre noi a decidere. Questo avvolge di tristezza, rassegnazione, malinconia e qualche volta il senso del vano, cioè che le cose che scegliamo non corrispondono ai nostri desideri, quindi misuriamo la vanità delle cose”. Sono queste le parole del card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, intervenuto questa mattina su Radio Vaticana, dove ha parlato del Natale e del suo significato ma anche di scontro tra bene e male. “Certo che c’è sempre lo scontro tra bene e male e coinvolge ognuno di noi, come una linea che ci attraversa, e quindi un po’ dipende anche da ognuno di noi”, ha dichiarato il presidente della Cei, che ha affrontato anche l’argomento guerra in Ucraina e la ricerca della pace da perseguire per forza e “nonostante le evidenze contrarie”, seppur si scorga che un filo diplomatico riappaia ogni tanto, pensando alle delegazioni iniziali, le dichiarazioni del generale americano o quelle ultime di Putin che ha parlato di negoziato: “Bisogna creare un nuovo patto che garantisca una nuova situazione di equilibrio e di pace”. Il card. Zuppi ha le idee chiare su chi deve svolgere il ruolo diplomatico in Ucraina: “Le Nazioni Unite siamo tutti e coinvolgono tutti i Paesi, la Nato solo una parte. Quindi se vogliamo garantire una presenza di interposizione accettata da tutti, è chiaro che dobbiamo usare l’unico strumento che rappresenta tutti i Paesi. Le Nazioni Unite speriamo che possano svolgere il loro ruolo”. Un momento questo definito serio, intenso e drammatico che però rappresenta una grande opportunità da non perdere, ispirandosi alla generazione che ha ricostruito dopo la guerra, pensando a lavorare insieme per creare un sistema che possa contare l’uno sull’altro, valorizzandosi l’uno con l’altro. La Chiesa ha molto bisogno di accorgersi “di quanta luce possiamo donare e doniamo. La Chiesa in queste tempeste ha rappresentato e rappresenta tanta umanità. Una famiglia dove nessuno è un oggetto, nessuno viene scartato, nessuno è straniero. Nelle pandemie è un’arca di rifugio. Sappiamo che siamo deboli, che abbiamo tanti problemi, li abbiamo sempre avuti e quando abbiamo pensato di non averli li abbiamo causati agli altri, però deboli come siamo abbiamo una forza straordinaria e rappresentiamo tanta speranza per tutti”. L’augurio del presidente della Cei alla Chiesa è quello di continuare a costruire delle case accoglienti ed aperte per tutti, dove tutti possano vedere Dio che viene tra gli uomini, rimandando a tutti i suoi auguri: “Un Natale sobrio che ci aiuti a capire il Natale e liberarlo da tutte le melasse che portano poco e anzi illudono molto”.

 

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