Alle ore 8.15 Emergency ha iniziato lo sbarco dei 142 naufraghi soccorsi nelle notti del 18 e 19 dicembre dalla nave Life support che è tutt’ora in corso. I superstiti provengono da Bangladesh, Burkina Faso, Camerun, Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea, Guinea, Mali, Pakistan, Somalia e si dividono tra 109 uomini; 26 minori non accompagnati di età compresa tra i 13 e i 17 anni; 5 donne – di cui una incinta di 7 mesi; 2 bambini con meno di 2 anni. Molti naufraghi raccontano di essere stati reclusi arbitrariamente in Libia dove hanno subìto violenze di vario genere. “In Libia, sono stato arrestato 3 volte – riporta M.H., un uomo pachistano soccorso dalla Life support –. Mi hanno liberato in cambio di soldi, me li facevo mandare dai miei parenti che vivono in un villaggio molto povero del Kashmir. Si sono dovuti indebitare per potermi aiutare”. La nave Life Support era partita da Genova il 13 dicembre scorso, diretta nelle acque del Mediterraneo Centrale per la sua prima missione e per contribuire a salvare vite lungo la rotta migratoria più letale al mondo. Erano presenti a bordo 28 persone – di cui 18 staff Emergency, 9 marittimi e 1 fotografo-video maker. Il primo soccorso, di 70 persone, è stato effettuato la notte del 18 dicembre, in acque internazionali della zona SAR libica, mentre il secondo soccorso, di 72 persone, è avvenuto a distanza di 24 ore, sempre di notte, nelle acque internazionali della zona SAR maltese. All’arrivo della Life Support, i naufraghi erano in un evidente stato di pericolo. “Siamo stati più di 30 ore in acqua prima dell’arrivo della nave che ci ha salvato: un’altra ora e saremmo morti – racconta M.H., proveniente dal Pakistan e tra i superstiti del secondo soccorso –. Mentre navigavamo, uno dei ragazzi con noi a bordo è caduto in acqua, senza sapere nuotare. Gli abbiamo lanciato una tanica vuota a cui si è aggrappato. Con la barca così carica abbiamo corso il rischio di ribaltarci, ma non lo abbiamo abbandonato”. “Un totale di 72 persone hanno navigato in una barca di 7 metri di lunghezza – aggiunge Roberto Maccaroni, coordinatore sanitario della nave Life support -. Molti di loro hanno viaggiato nella stiva della barca, rannicchiati e schiacciati che ancora adesso fanno fatica a stare diritti in piedi. Presentano delle contratture muscolari molto dolorose e hanno difficoltà a muoversi”.