Una bara bianca sulla banchina del porto di Porto Empedocle, sopra una bara scura con il feretro di una donna di origine africana. I corpi di due migranti sono stati trasferiti da Lampedusa. La bimba aveva solo 6 mesi, è morta all’interno dell’hotspot di Contrada Imbriacola forse per un problema congenito o un malore improvviso; a fianco la salma di una donna, ripescata cadavere al largo dell’isola più grande delle Pelagie. Le due bare, a bordo delle traghetto Veronesi, sono arrivate nella serata di ieri al porto, dove si è tenuto un momento di preghiera in presenza delle autorità religiosi, civili e militari.
Il saluto e la benedizione sono stati impartiti dall’Imam di una delle moschee di Agrigento, alla presente del direttore dell’Ufficio ecumenismo e Dialogo della diocesi di Agrigento, don Luca Camilleri, in rappresentanza dell’arcivescovo di Agrigento. Le due salme verranno portate al cimitero di Favara dove la Prefettura di Agrigento è riuscita a trovare dei posti per la sepoltura. Dal traghetto sono scesi anche 50 migranti provenienti di Lampedusa. Al loro arrivo c’erano due bambini che sono accorsi ad abbracciare un migrante arrivato sulla terra ferma. “Ieri sera ho provato diversi sentimenti – dice don Camilleri -. Arrivato di corsa dalla parrocchia, forse preso dai preparativi dell’organizzazione della cerimonia funebre, all’ennesima vista di queste bare, questa volta, non provavo nulla. E allora il fatto stesso di non provare nulla mi ha spaventato. Ho detto al Signore: ‘Mi si sta indurendo il cuore?’. Perché non riesco a piangere più, come le prime volte? Nel frattempo un’immagine ha attratto la mia attenzione. Nell’oscurità del porto, la bara bianca della bambina e la placca dorata con il suo nome apparivano ancora più luminose. Su questa bara due donne, il questore e il prefetto, come le pie donne al sepolcro, deponevano dei fiori colorati, come solo una donna sa fare. In questo momento, tutti noi parroci preparandoci al Natale, dopo i paramenti viola dell’Avvento, indosseremo paramenti colorati. E riflettevo con me stesso come sia strano: qui bianco e dorato sono diventati simbolo della strage degli innocenti. Allora, mi sono venute in mente dalla Liturgia le parole della sequenza pasquale (mors et vita duello conflixere mirando: dux vitae mortuus regnat vivus), che dicono come “la morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello, il Signore della vita era morto ma ora vivo trionfa”. Allora ho chiesto al Signore della vita che bianco e dorato possano essere di nuovo i colori della vita. Che il Signore della vita illumini le menti dei governanti dell’Italia, delle nazioni e di quegli uomini che sono alla guida della Comunità europea, perché l’appello del Papa sia ascoltato e si ponga fine a questa strage”.