Striscia di Gaza: p. Romanelli (parroco) a Tv2000, “qui è una prigione a cielo aperto”

“Gaza è una grande prigione a cielo aperto. La maggior parte degli abitanti sono giovani e non sono mai usciti fuori da qui”. Lo racconta il parroco latino di Gaza, Padre Gabriel Romanelli, nel documentario di Tv2000 ‘Il confine della Speranza’, a cura della corrispondente da Gerusalemme Alessandra Buzzetti, in onda sabato 24 dicembre (ore 17.30) e domenica 1 gennaio (ore 9.20).
Gaza-Betlemme è un viaggio di sola andata per i tanti cristiani scappati dalla Striscia di terra più blindata e popolata del mondo, teatro di guerra da oltre 15 anni. Per uscire dal valico israeliano occorre un permesso speciale, sempre temporaneo. Chi decide di trasferirsi in altre città palestinesi vive per anni sospeso e diviso dai propri famigliari.  “Le autorità israeliane negli ultimi anni – prosegue padre Romanelli nel doc di Tv2000 – non hanno concesso abitualmente i permessi. Ringraziando Dio nell’ultimo anno ne hanno concessi un numero molto alto: 722 permessi per i cristiani. Molte sono intere famiglie e soltanto cinque persone sono rimaste fuori di Gaza”. “Io qui – aggiunge il parroco latino di Gaza – cerco di creare un’oasi per tutti i cristiani. Vivono con molta semplicità, sanno cosa vuol dire essere cristiani e questa è una lezione per noi occidentali. Non sappiamo cosa vuol dire soffrire per il nome di Cristo”.
‘Il confine della Speranza’ è un racconto di Natale sul fragile filo di chi vive il dramma di un conflitto permanente, della mancanza di libertà e della separazione dai propri cari, senza perdere la speranza che nasce e si rinnova nella grotta di Betlemme. È l’esperienza di Marcel e delle sue tre figlie. Sono uscite da Gaza nel Natale del 2019 senza più farci ritorno. Yousef, il capofamiglia è rimasto nella Striscia e, da allora, non è più potuto uscire. Le telecamere di Tv2000 hanno seguito la vita quotidiana di questa famiglia cristiana divisa tra Gaza City e Betlemme. “Durante un bombardamento – racconta Yousef a Tv2000 – ho detto a mia moglie: vai via con le bambine. Quando hanno lasciato Gaza ho tirato un sospiro di sollievo, erano fuori pericolo, ma dopo un po’ di tempo mi son detto: ma cosa ho fatto? Dove sono le mie figlie? Ho bisogno di loro accanto a me. Fatemele abbracciare, anche solo per un’ora”. “Siamo entrati legalmente – spiega Marcel moglie di Yousef – con un permesso. Quando scade per l’Autorità palestinese rimaniamo migranti interni ma per Israele diventiamo illegali. È pericoloso per noi anche spostarci da una città palestinese all’altra. Se i militari israeliani ci fermano, rischiamo di essere riportate a Gaza e non poterne uscire mai più”.

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