“Bisogna sgomberare il campo dall’equivoco di contrapporre repressione a educazione. Il nocciolo della questione è legato all’intelligenza educativa della scuola”. Interpellato dal Sir sulla circolare firmata dal ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara, diffusa oggi e che conferma il divieto di utilizzare il cellulare durante le lezioni, Alberto Campoleoni, esperto di questioni scolastiche, spiega: “Impedire lo smartphone in classe non vuol dire reprimere. Lo stesso ministro prevede infatti la possibilità di un suo utilizzo, laddove l’insegnante o la scuola lo ritenga un dispositivo utile alla didattica”. Secondo l’esperto, il divieto “va inteso all’interno della questione educativa. Dire no non significa mettere un muro, ma far riflettere sull’uso di alcuni strumenti in modo intelligente. La scuola non dice no per principio: riconosce che lo smartphone può distrarre o può essere utile; in alcuni momenti serve in altri no; il suo utilizzo va insomma regolamentato secondo l’utilità”. No, dunque, a “contrapporre banalmente repressione a pseudoliberismo illuminato. Ciò che serve è ragionare in termini educativi su che cosa sia più opportuno per il cammino dell’allievo e della classe intera in quel preciso momento. La scuola, che ha in mente un percorso di maturazione complessiva dell’allievo, adotta di volta in volta le misure più opportune”. “La circolare del ministro – osserva ancora Campoleoni – non mi scandalizza: la sua necessità è dovuta al fatto che si tratta di una questione ancora aperta, affidata a un po’ al Far West di chiunque. Un divieto a carattere educativo – come in fondo lo è anche lo stop al semaforo – è un aiuto per far prendere sempre più consapevolezza alla scuola di quello che è il suo ruolo: educare la crescita e la corresponsabilità da parte degli studenti anche rispetto all’uso degli smartphone”.