È arrivato a venti morti il bilancio delle proteste in Perù, dopo il fallito tentativo di golpe e l’arresto dell’ex presidente Pedro Castillo. Nel fine settimana gli scontri si sono abbassati d’intensità rispetto ai giorni precedenti, ma sono ancora in atto, soprattutto nel sud del Paese. Nel frattempo, il dibattito politico è incentrato sulla proposta della presidente Dina Boluarte di anticipare le elezioni presidenziali e parlamentari a fine 2023, dopo un anno di decantazione e riforme per rafforzare la fragile democrazia. Una proposta che, al momento, il Parlamento ha respinto. Tecnicamente, infatti, la legislatura potrebbe proseguire fino al 2026, ma la proposta della presidente è avversata sia da chi vuole proseguire fino alla scadenza naturale, sia da chi chiede elezioni immediate.
Ieri, in tutto il Paese, si è celebrata la giornata di preghiera indetta dalla Conferenza episcopale peruviana. Nella cattedrale di Lima, l’arcivescovo, mons. Carlos Castillo, ha detto tra l’altro: “Non è possibile consolidare un ordine democratico e pacifico se non si rinuncia alla violenza in ogni sua forma e se non si agisce con saggezza e si cerca, come priorità, il bene comune”. L’arcivescovo ha denunciato che “la corrosione di tutte le istituzioni peruviane” (ministeri, poteri, quartieri, regioni, comuni, media, commercio, imprenditoria e “persino le chiese”) ha diminuito in tutti i peruviani “la saggezza necessaria per riprendere il cammino pacifico che ci porterà al successo”. Più corruzione ha generato più violenza; più ambizione, meno bene comune e più caos. E così compare il virus malsano della cattiveria e dell’aggressività di tutte le persone violente; e molte volte siamo noi stessi i primi a estremizzare i nostri sentimenti senza meditare”.
Ha proseguito mons. Castillo: “È nostro dovere, come Chiesa, chiedere un atteggiamento autocritico per riconoscere che si stanno commettendo molti gravi errori. Troppo sangue è già stato versato tra i nostri compatrioti e nel nostro Paese per continuare a versarlo e per renderci indifferenti al male che è stato provocato, obbedendo a slogan con assoluta ambizione, pregiudizio o cecità ideologica”.