“Le ragioni contro l’idea di istituire un nuovo Centro di permanenza per il rimpatrio in Italia sono innumerevoli e nel corso degli anni si è accumulata una vasta gamma di rapporti, libri, documentari e studi di vario genere che confermano il pesante impatto negativo sulla vita e sui diritti delle persone trattenute”. È quanto dichiarano in un appello oltre 40 associazioni in risposta alle dichiarazioni del prefetto di Firenze, Valerio Valenti, e del sindaco di Firenze, Dario Nardella, durante la Conferenza regionale delle autorità di pubblica sicurezza, in merito ad una possibile apertura di un Cpr in Toscana.
Le organizzazioni – tra cui Asgi Toscana, Associazione Tutori volontari Msna Regione Toscana, Avvocato di strada – Sportello di Siena, Medici per i diritti umani, Oxfam Italia, ActionAid e Società italiana Medicina delle migrazioni – sottolineano “che strutturalmente legati alla violazione dei diritti umani di chi vi si trova rinchiuso”, “i Centri di permanenza per il rimpatrio non sono strumenti ‘estremamente utili’ come indicato dal sindaco Nardella”. “Sono anzi strumenti di oppressione – proseguono le associazioni firmatarie – la cui efficacia in rapporto agli obiettivi che lo Stato gli pone, quindi l’esecuzione del rimpatrio, è estremamente marginale, producendo quello stesso disagio sociale che nella narrativa dominante si propone di eliminare”. “Dal 1998 ad oggi – viene ricordato – i Cpr italiani sono stati teatri di profonda sofferenza, caratterizzati da sostanziali e innumerevoli violazioni di quei diritti inviolabili di cui all’art. 2 della Costituzione, del diritto alla difesa, del diritto alla salute, del diritto a una vita dignitosa, della libertà di comunicazione con l’esterno”.
Esprimendo “incondizionata solidarietà a chi è rinchiuso nei Cpr, alle loro famiglie e a quelle di chi, nel corso di ormai 25 anni di detenzione amministrativa, vi ha trovato la morte”, le organizzazioni “denunciano la gravità della continua riproposizione di un modello incostituzionale basato sulla privazione della libertà personale che inevitabilmente e quotidianamente dimostra le sue pesanti ricadute sui diritti umani delle persone trattenute”.