Gli individui continuano a trovare una piena espressione di sé attraverso i dispositivi personali digitali. Ma se si considera la dote di affidabilità di cui i diversi media godono e l’andamento della fiducia da parte dell’opinione pubblica nell’ultimo anno, è certo che radio, televisione e carta stampata staccano ancora di gran lunga web e social network in termini di credibilità. È quanto emerge dal 18° Rapporto Censis sulla comunicazione.
“Tuttavia – viene spiegato –, prima con la pandemia, poi con la guerra scoppiata alle porte dell’Europa, si è posto il problema di decidere che cosa i media mainstream possono dire e che cosa no. Il 60,1% degli italiani ritiene legittimo il ricorso a una qualche forma di censura (in particolare, per il 29,4% non dovrebbero essere diffuse le fake news accertate, per il 15,7% le opinioni intenzionalmente manipolatorie e propagandistiche, per il 15,0% i pareri espressi da persone che non hanno le competenze per parlare). Al contrario, per il 39,9% non è mai giustificata alcuna forma di censura”.
In Rapporto mette anche in evidenza che, relativamente all’andamento della spesa delle famiglie per i consumi mediatici tra il 2007 (l’ultimo anno prima della grande crisi economica e finanziaria internazionale scoppiata nel 2008) e il 2021, mentre il valore dei consumi complessivi ha subito una drastica flessione, senza ancora ritornare ai livelli antecedenti il 2008 (-8,0% in termini reali è il bilancio alla fine del 2021, con l’aggravamento dovuto alla pesante recessione del 2020), la spesa per l’acquisto di telefoni ed equipaggiamento telefonico ha segnato anno dopo anno un vero e proprio boom, di fatto moltiplicando il valore per quasi sette volte (+572,0% nell’intero periodo, per un ammontare prossimo ai 7,9 miliardi di euro nell’ultimo anno), quella dedicata all’acquisto di computer, audiovisivi e accessori è più che raddoppiata (+138,9%), mentre i servizi di telefonia e di traffico dati hanno conosciuto un assestamento verso il basso per effetto di un radicale riequilibrio tariffario (-20,7%, per un valore comunque pari a 14,7 miliardi di euro sborsati dalle famiglie italiane nell’ultimo anno). La spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo (-37,7% rispetto al 2007).
Non è un caso che per i media a stampa si sia accentuata ulteriormente la crisi ormai storica, a cominciare dai quotidiani cartacei venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridottisi al 25,4% nel 2022 (con una differenza pari a -3,7% in un anno e a -41,6% in quindici anni). Si registra ancora una limatura dei lettori dei settimanali (-1,6%) e dei mensili (-0,6%). Gli utenti dei quotidiani online invece aumentano al 33,0% degli italiani (+4,7% in un anno), un numero comunque inferiore a quanti utilizzano i siti web d’informazione generici (il 58,1%: +4,3%). Infine, dopo un breve arresto dell’emorragia di lettori di libri osservato nel 2021, gli italiani che oggi leggono libri cartacei sono il 42,7% del totale (-0,9% rispetto allo scorso anno e -16,9% rispetto al 2007). La flessione è parzialmente compensata dall’aumento dei lettori di e-book, pari oggi al 13,4% degli italiani (+2,3%).