“Quando meno ce l’aspettavamo, è scoppiata la guerra tra Ucraina e Russia, che interessa direttamente i Paesi vicini della Bielorussia, Polonia, Moldavia, Romania e il resto dell’Europa”. Lo ha detto padre Artuto Sosa, preposito generale della Compagnia di Gesù, nel discorso di fine anno tenuto ieri sera a Roma, durante l’incontro organizzato dall’Ufficio di comunicazione della Curia generalizia dei Gesuiti. “I nostri confratelli gesuiti presenti sul territorio – l’omaggio di Sosa – hanno appoggiato attivamente il popolo ucraino, sostenendo la sua fede e aiutando coloro che cercano rifugio dalla guerra, da qualunque parte vengano. Tutto il corpo della Compagnia ha collaborato con la rete coordinata dal Servizio Gesuita per i Rifugiati d’Europa (JRS), con sede a Bruxelles, in un vasto piano di accoglienza, accompagnamento e sostegno umanitario dentro e fuori il territorio dell’Ucraina. Sono profondamente grato ai tanti che hanno reso possibile il nostro contributo ad attenuare la sofferenza di tante persone in condizioni di vita quasi insopportabili”. Anche altre guerre hanno attirato l’attenzione di comunità e province della Compagnia di Gesù, ha fatto notare il superiore dei Gesuiti citando come esempio il Sud-Sudan, la Repubblica Democratica del Congo, la Repubblica Centroafricana e la Siria. Senza contare l’azione in mezzo “ad altre situazioni pericolose a causa dell’allarmante deterioramento della democrazia e all’aperta violazione dei diritti umani, che minacciano in diversi modi i popoli con cui condividiamo la vita e il servizio”. A questo proposito, Sosa ha citato “l’incomprensibile assassinio” dei Padri gesuiti Javier Campos (79 anni) e Joaquin Mora (80 anni), unitamente alla guida turistica che aveva cercato rifugio nella chiesa, nella Sierra della Tarahumara in Messico, nel giugno di quest’anno. Il JRS, inoltre, continua la sua opera moltiplicando i propri sforzi per rispondere alla drammatica situazione dei migranti in tanta parte del mondo: “La crisi dell’Afghanistan, nell’agosto 2021, con il ritorno dei talebani al potere – ha fatto notare Sosa – è stato un momento particolarmente drammatico che ha messo alla prova il popolo, così come coloro che, al suo fianco, cercavano di salvare vite”.