“Oggi è banale parlare di dialogo, ma Giorgio La Pira è stato il primo a praticarlo”. Lo ha detto Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, intervenendo in Senato alla presentazione del libro “Giorgio La Pira: i capitoli di una vita”, scritto da Giovanni Spinoso e Claudio Turrini e promosso dalla Fondazione Giorgio La Pira. “La Pira cresce ed è attuale”, la tesi del relatore: “Oggi abbiamo bisogno di La Pira, e non è un caso che la Chiesa italiana sia tornata a riflettere su questa figura, in un mondo disorientato ed un un’Italia molto scarica di visione”. “Oggi – la tesi di Riccardi – assistiamo ad un divario tra politica e cultura: Giorgio La Pira, invece, faceva politica con la cultura. Le sue visioni nascevano da un metodo: la storiografia del profondo”. “Nel mondo della Guerra Fredda, così conflittuale – ha osservato Riccardi –, La Pira sapeva cogliere le tensioni unitive che gli sembrava facessero correre il mondo verso un’unità. Aveva idea che si andasse verso una unificazione del mondo, nonostante la Guerra Fredda. La sua era una diplomazia parallela, che partiva da Firenze ed era fatta dell’ingenuità del ‘bambino di Dio’ ma anche dell’astuzia, parola ricorrente negli Anni Cinquanta. Da semplice sindaco è diventato un leader mondiale, con un’autorità internazionale. Si presentava con semplicità, ma con una passione travolgente. Ben prima del Concilio Vaticano II, La Pira era un cristiano e un laico non passivo, ma chiamato a fare i conti con la storia. Andava avanti da solo, a manu nude, ma pur non rappresentando nessuno, rappresentava molto ne molti. Credeva che per la Chiesa fosse un dovere spendersi per una nuova pagina pacificata di un mondo diviso”.