Saranno i detenuti del carcere di Secondigliano a preparare la casula che Papa Francesco indosserà alla Giornata mondiale dei poveri, il 13 novembre 2022. Mercoledì 9 novembre una delegazione – guidata dall’ispettore generale dei cappellani don Raffaele Grimaldi, dalla direttrice Giulia Russo, dal cappellano don Giovanni Russo – la consegnerà, in udienza privata, nelle mani del Santo Padre, in Vaticano.
La casula, confezionata nel carcere partenopeo, è il frutto del progetto “Albus Sacer”, laboratorio di sartoria, nato all’interno dell’area circondariale e fortemente sostenuto dall’Amministrazione penitenziaria, che ha fornito di macchine da cucire, materiali e ogni altra attrezzatura i detenuti.
Sul paramento liturgico che sarà donato al Papa è stato messo il gallone mariano per esprimere il carisma dell’attività del laboratorio sartoriale: attraverso Maria, per passare dal culto del sacro a ciò che è santo e “perché – spiega il cappellano, don Giovanni Russo – riprendendo le parole del Papa da Maria, madre della speranza, possa sempre sostenere i nostri passi e possa sempre dire al nostro cuore: ‘Alzati! Guarda avanti, guarda l’orizzonte’”.
Il percorso viene sostenuto dagli operatori che nell’Istituto di pena che investono le loro risorse umane e professionali proprio perché si intravede la reale possibilità di riscatto e di recupero. E infatti, il nome “RicuciAmo la vita” allude alla possibilità di creare opportunità lavorative. I detenuti hanno anche ideato una locandina per pubblicizzare i loro prodotti: casule con ricamo diretto, stole, coprilegii e casule per anniversari sacerdotali.
I paramenti liturgici, realizzati con estrema cura e i dettagli nelle finiture, sono il risultato di un percorso di formazione finalizzato, prima che alla specializzazione sartoriale, ad un avvicinamento al culto del sacro. “Per usare le parole di don Tonino Bello – spiega ancora don Russo – i nostri fratelli potranno passare dal ‘culto della sacralità a quello della santità’ ed esserne testimoni dentro e fuori il carcere”.
L’idea, infatti, è che il laboratorio venga esternalizzato e possa, con il tempo, trasferirsi anche in locali dove i detenuti, una volta scontata la loro pena, trovino la possibilità di realizzare le attività di taglio, cucito, stampa e logistica con l’obiettivo di avviare percorsi di inclusione.
Durante la pandemia i detenuti hanno realizzato nel laboratorio oltre 10mila mascherine distribuite gratuitamente in tutta la città.
“Il progetto – spiega la direttrice Giulia Russo – ha radici lontane: nel 2016 l’amministrazione penitenziaria della Campania, autorizzata dal Capo del Dipartimento è riuscita con il progetto ‘Lady B’ a rendere riutilizzabili divise, cappotti impermeabili e tute di servizio fuori uso: ne è nata una linea con i principi di una economia di ‘riciclo’. Grazie al progetto i detenuti acquisiscono professionalità riconosciuta realizzando la mission educativa e di risocializzazione dell’Amministrazione penitenziaria”.