Otto italiani su dieci (79%) auspicano che nel nostro Paese vengano aumentati gli investimenti pubblici nelle energie rinnovabili. Sono in particolare le donne a manifestare questa istanza (82%) e gli over60 (86%), mentre “solo” il 67% dei più giovani (18-34 anni di età) avverte questa esigenza. Quattro italiani su 10 invece (40%), una quota dunque minoritaria ma molto consistente, chiede ai politici italiani di puntare sull’energia nucleare per favorire la transizione energetica dalle fonti fossili. Questi i principali dati, focalizzati sulle conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina, e mentre si avvia a Sharm el-Sheikh Cop 27, appena elaborati dall’ultima rilevazione dell’EngageMinds Hub, Centro di ricerca dell’Università Cattolica, di Cremona.
“Un dato interessante – sottolinea Guendalina Graffigna, ordinario di Psicologia della salute e dei consumi e direttore dell’EngageMinds Hub – è quello che ci mostra come ci sia una relazione inversa tra richieste e aspettative. Se infatti sono le donne a chiedere più massicciamente alle istituzioni politiche di investire in fonti energetiche rinnovabili, sono sempre le donne del nostro campione che credono meno che questa prospettiva si concretizzerà nel nostro Paese”. In cima alle preoccupazioni degli italiani il costo del gas: il 72% del campione teme che il conflitto Russia-Ucraina determini ulteriori rincari del prezzo del gas. Peraltro, l’analisi ha colto come questo allarme si stia mitigando. Parallelamente, anche il timore che si arrivi a uno stop dell’arrivo del gas in Italia è diminuito dal 58% di marzo scorso al 53% di oggi: la diversificazione delle fonti di approvvigionamento ha evidentemente alleggerito questa preoccupazione.
Molto diffusa la paura di una escalation del conflitto fino all’uso delle armi nucleari: a vederla come prospettiva realistica è il 61% del campione ma con una marcata differenziazione di genere: la percentuale sale al 70% tra le donne e scende al 51% tra gli uomini.
Dopo l’energia, è il cibo a focalizzare l’attenzione degli italiani. E anche in questo caso, il pessimismo dei mesi scorsi va diminuendo: se infatti a marzo il 54% dei cittadini credeva che la guerra avrebbe determinato una grave carenza delle scorte nazionali di cereali, ora a temerlo è il 47%. “Pur se in attenuazione – commenta Graffigna – dopo decenni di situazione pacifica, la sicurezza sull’approvvigionamento alimentare è diventata un elemento di forte preoccupazione nella popolazione italiana. Il nostro Monitor continuativo ha rilevato che il 67% del campione ritiene che l’Italia dovrebbe chiedere con determinazione alle istituzioni europee di rafforzare le politiche a favore della produzione interna di cereali, per diminuire la nostra dipendenza da Paesi terzi”. Infine, i prezzi considerato il forte rialzo dovuto all’inflazione: quasi sette italiani su dieci (67%) teme il continuo aumento della spesa per i beni alimentari. Anche in questo caso sono soprattutto le donne a temere la crescita dei prezzi in un prossimo futuro (73%), meno gli uomini (60%).