“Grazie a studi recenti, in questi anni, si è capito che la Lis si usa per le disabilità comunicative e quindi ha uno spettro di applicazione più ampio. Mentre per anni si è pensato fosse solo dominio di alcune persone sorde, negli anni si è visto che in alcune sindromi, e in generale nelle sindromi non verbali, viene utilizzata la Lis”. Lo dice suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio per le persone con disabilità della Conferenza episcopale italiana, intervistata da Luisa Pozzar nel libro “Esercizi di ascolto”. “Le prime messe pubbliche sul mondo della sordità risalgono forse a una ventina di anni fa. Prima c’erano quasi esclusivamente le messe speciali, la riduzione dei brani biblici… mentre il lavoro realizzato con équipe di interpreti e con altre persone sorde è stato quello di cercare dei segni, per permettere alle persone sorde di partecipare a una liturgia con la comunità cristiana”.
La religiosa si chiede “cosa significa appartenere se io vengo messo in una categoria speciale, ho una messa speciale, ho tutto ‘speciale’?”. “Se la realtà rimane questa, la parola ‘appartenere’ cade nel vuoto”. Guardando alla Lis, la vede come “uno strumento di comunicazione, di relazione, di ascolto, uno strumento di reciprocità”. Il rischio indicato, invece, è quello di “leggere l’altro a partire dalla diagnosi o dal limite”. Poi, suor Donatello si sofferma sull’ascolto: “Non parte da un organo, cioè dall’orecchio. È fatto di sguardi, di silenzi, di posture, di espressioni. È fatto da sensi e di sensi”. Un ascolto, dunque, a “365 gradi”.