L’arcivescovo di Agrigento, mons. Alessandro Damiano, insieme alle autorità civili e militari in servizio sull’isola, ha partecipato alla cerimonia che si è tenuta a Lampedusa, ieri, 4 novembre, giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate.
Mons. Damiano è andato a Lampedusa – dopo avere fatto tappa a Linosa, dove il 2 novembre ha celebrato la Commemorazione dei defunti, nel cimitero dell’isola – perché ha accompagnato il reliquiario, con la camicia intrisa di sangue, del magistrato beato Rosario Livatino per la tappa della peregrinatio che si protrarrà fino a giorno 8 novembre. “Portare questa reliquia a Lampedusa – ha detto mons. Alessandro Damiano – ha un significato particolare; è una testimonianza importante che certamente farà riflettere i fedeli. Questa comunità ha sulle proprie spalle una storia sicuramente diversa da quelle di altre parrocchie della nostra diocesi. È importante fare conoscere e sensibilizzare soprattutto i giovani che devono riuscire a portare avanti i valori legati al rispetto e alla parità dei diritti di ogni essere umano”. “Vengo a Lampedusa e a Linosa – ha continuato l’arcivescovo – ogni volta che posso e per diverse ragioni. Lampedusa è da molti anni un crocevia per migliaia di esseri umani ed è importante riuscire ad accogliere bambini donne e uomini nelle dovute maniere. Non sto qui a volere dare colpe a coloro i quali gestiscono il centro di accoglienza ma sono dell’avviso che una piccola o anche grande cooperativa o società che gestisce questo centro ha sempre delle difficoltà oggettive e mi riferisco al fatto che devono gestire quasi sempre un elevato numero di persone che, nel giro alle volte di poche ore, arrivano e alle quali bisogna dare adeguata assistenza. Ora io parto dal presupposto che potrebbe ad esempio essere prevista, organizzando il tutto prima a livello legislativo, una gestione con l’utilizzo della Protezione civile, della Croce rossa nazionale o del Genio civile o, perché no, insieme. Ovviamente e ribadisco non sto criticando chi sta gestendo questo centro di accoglienza perché capisco le difficoltà che giornalmente devono affrontare. Altra questione che non è secondaria riguarda i trasferimenti che dovrebbero essere più veloci. Sì, ci sono i riconoscimenti da fare immediatamente ma è anche vero che oggi esistono mezzi e strumenti che possono essere utilizzati anche a bordo di navi dedicate”. “In definitiva – ha concluso il presule – dopo 30 anni di questo fenomeno sarebbe il caso di non dovere più parlare di emergenza e strutturarsi per fare in modo che smettano di fare morire persone in mare e garantire un trattamento adeguato, umano, a tutti coloro che approdano su questa benedetta isola”.