Fame: Zavatta (Cesvi), “l’aumento di persone gravemente malnutrite e a rischio di morte è inaccettabile, serve intervenire subito per cambiare rotta”

“La situazione è in ulteriore peggioramento: le ultime stime di Fao-Wfp prevedono che 45 milioni di persone in 37 nazioni nel gennaio 2023 avranno così poco cibo da essere gravemente malnutrite e rischiare la morte. È inaccettabile ed è necessario intervenire subito per invertire questa drammatica rotta”. Lo ha dichiarato Gloria Zavatta, presidente di Fondazione Cesvi, in occasione della presentazione dell’Indice globale della fame (Global Hunger Index – Ghi), curato da Cesvi per l’edizione italiana.
Rispetto al 2014 la fame è aumentata in 20 Paesi di varie regioni del mondo, raggiungendo un livello moderato, grave o allarmante. L’incremento più deciso è del Venezuela, dove la fame è passata da 8,1 punti (bassa) del 2014 a 19,9 nel 2022 (tra moderata e grave). Secondo le conclusioni del Ghi 2022, in 9 Paesi la fame è ora allarmante (tra cui Repubblica Centrafricana, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Madagascar e Yemen) e in 35 grave. In Etiopia, Somalia e Kenya, una delle peggiori siccità degli ultimi quarant’anni sta mettendo a rischio la vita di milioni di persone: 18,4 milioni di abitanti nel giugno di quest’anno vivevano una grave insicurezza alimentare (Un Ocha 2022). In particolare, in Somalia, si prevede che, entro la fine dell’anno, 1,5 milioni di bambini (il 45% del totale) soffriranno la malnutrizione acuta, di cui 386.400 di tipo grave, e che, entro settembre, 2,1 milioni di abitanti si troveranno in stato di emergenza alimentare e 213.000 in stato di carestia.
Il Paese con il punteggio Ghi peggiore è lo Yemen con 45,1 (allarmante), a causa del conflitto interno iniziato nel 2015 e delle conseguenze della guerra in Ucraina, tra cui le difficoltà di approvvigionamento alimentare. Segue la Repubblica Centrafricana con 44 (allarmante), dove il 52,2% della popolazione è denutrito, dato più alto del mondo per il 2022, e la mortalità infantile è al 10,3%. Si registra indice 38,7 (allarmante) in Madagascar, dove, nel biennio 2019-2021, il 48,5% della popolazione era denutrito e nel 2021 il tasso di arresto della crescita infantile riguardava il 39,8%, con il 5% di mortalità sotto i 5 anni.
Ad aggravare il quadro incidono le conseguenze di cambiamenti climatici, guerre e pandemia. Negli ultimi mesi si sono susseguiti forti alluvioni in Pakistan che hanno sommerso un terzo del Paese e ucciso almeno 1.300 persone, un supertifone in Giappone che ha costretto 9 milioni di persone a evacuare le loro case, un’anomala ondata di caldo che in Cina, Europa e Usa ha prosciugato i fiumi e provocato incendi boschivi.
Anche i conflitti armati, che ugualmente contribuiscono all’insicurezza alimentare, sono aumentati. Su 193 milioni di persone esposte a conflitti, 139 milioni hanno vissuto condizioni di insicurezza alimentare (Fsin e Gnafc 2022). Ai conflitti in corso, molti dei quali complessi, prolungati e spesso trascurati dall’occidente, si aggiunge quello in Ucraina, caratterizzato da un forte impatto su forniture alimentari e prezzi, oltre che da un forte legame tra guerra e fame.

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