Commercio armi: indagine su export armi italiane e uccisione di civili in Yemen, il 20 dicembre l’udienza decisiva

(fonte: Rete italiana pace e disarmo)

Il 20 dicembre ci sarà una udienza decisiva dal Gip di Roma riguardo all’indagine in corso presso la Procura di Roma sulle responsabilità penali di alti funzionari dell’Autorità nazionale per l’esportazione di armamenti (che dipende dal Ministero Affari esteri) e dei dirigenti dell’azienda Rwm Italia, per aver venduto armi alla coalizione a guida saudita, che hanno causato la morte di una intera famiglia, tra cui una madre incinta e quattro bambini, l’8 ottobre 2016, nel villaggio di Deir Al-Hajari in Yemen. Il Gip potrà stabilire un processo, ulteriori indagini o una definitiva archiviazione.  “E’ la prima volta che abbiamo l’opportunità di andare a processo in Italia per una questione che riguarda l’export di armi e verificare le responsabilità della morte di adulti e bambini, in violazione delle norme nazionali e internazionali che vietano le esportazioni di armi verso Paesi in guerra”: lo ha detto oggi durante una conferenza stampa a Roma Francesco Vignarca, coordinatore nazionale della Rete italiana pace e disarmo, che riunisce decine di organizzazioni cattoliche e laiche impegnate su questi temi. La richiesta di indagine è stata presentata nell’aprile 2018 dalla Rete italiana pace e disarmo, dal Centro europeo per i diritti costituzionali (Ecchr) e dall’organizzazione yemenita Mwatan for Human rights, in contatto con i familiari delle vittime, che reclamano giustizia. Sul luogo dell’attacco è stato infatti ritrovato un frammento della bomba appartenente all’industria Rwm. “Ci sono le prove che non è stato un tragico errore ma un deliberato attacco contro i civili, quindi un crimine di guerra”, ha precisato Vignarca.
“E’ la prima occasione vera per portare a processo una azienda di armi – ha detto l’avvocatessa Francesca Cancellaro, dello Studio legale Gamberini -. In passato sono stati aperti molti procedimenti, tutti conclusi con l’archiviazione. Questo caso è speciale perché la ricerca sul campo ha dato la possibilità di agganciare le responsabilità agli esiti, ossia la famiglia uccisa nel 2016, e di verificare che le autorizzazioni date sono frutto di una violazione gravissima delle leggi nazionali e sovranazionali. Ci sono quindi elementi forti per andare a processo. Purtroppo il Pm non ha iscritto gli indagati per omicidio colposo ma per abuso d’ufficio. Questo ci permetterà di dare comunque una forma di giustizia alle famiglie. “Con questa azione legale vogliamo affrontare le responsabilità penale e l’impunità dell’industria delle armi – ha detto Laura Duarte Reyes, dell’European center for constitutional and human rights -. Tra il 2015 e il 2019 grandi quantità di armi sono state esportate da aziende italiane in Arabia Saudita, nonostante le segnalazioni dell’Onu dei rischi di crimini di guerra”. Nel dicembre 2019 – ha aggiunto Duarte Reyes – “è stato presentata anche una comunicazione formale all’ufficio del Procuratore della Corte penale internazionale per avviare indagini sulle responsabilità penali delle aziende di Italia, Germania, Spagna e Regno Unito sulla vendita di armi in Yemen”. Anche Amnesty international, presente all’incontro, appoggia l’azione giudiziaria contro “la gestione scellerata di Stati e aziende che creano danni enormi e crimini di guerra – ha sottolineato Ilaria Masinara, Campaign manager  -. Per noi è importante che non rimangano impuniti”. Il conflitto tra la Coalizione guidata dall’Arabia Saudita e i ribelli Houthi è iniziato nel 2015 e ha causato finora 300.000 vittime, tra cui moltissimi civili. Sono stati documentati almeno 26 attacchi aerei contro i civili.

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