Ucraina: 971 persone incriminate per aver scelto di non combattere. “Un ponte per” lancia campagna per sostenere spese legali obiettori di coscienza

“Proteggi gli obiettori, sostieni i costruttori di pace”: è l’appello diffuso attraverso la campagna di raccolta fondi lanciata dalla Ong italiana “Un ponte per”, per sostenere le spese legali degli obiettori di coscienza in Ucraina, e fornire a chi ogni giorno si impegna nella resistenza civile e nonviolenta gli strumenti necessari a rendere più efficace e sicuro il proprio lavoro. Mentre l’attenzione della comunità internazionale si concentra esclusivamente sull’invio di armamenti e sugli aiuti umanitari, “Un ponte per” – da oltre 30 anni impegnata nella prevenzione dei conflitti armati, in particolare in Medio Oriente – ha scelto di sostenere la società civile ucraina che sta tentando di opporsi alla guerra con mezzi pacifici, costruendo una pace duratura e dal basso. Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, la narrazione dominante continua a ripetere che non esiste un’alternativa alle armi. Eppure in Ucraina e in Russia ci sono migliaia di persone, di cui nessuno parla, che si rifiutano di imbracciare le armi, uccidere o essere uccise e chiamano all’obiezione di coscienza. Ad oggi, secondo le stime del Movimento pacifista ucraino, sono 971 le persone incriminate in Ucraina per aver scelto di non arruolarsi e combattere, in base all’articolo 336 del Codice penale che regola la coscrizione militare. Tra loro anche Vitaliy Vasyliovych Alekseienko, condannato lo scorso settembre a 1 anno di prigione; il pacifista Andrii Kucher, condannato a 4 anni dal Tribunale della città di Mukachevo in maggio. O ancora l’obiettore Dmytro Kucherov, condannato a 3 anni di reclusione dal Tribunale di Oleksandria a giugno, e Ruslan Kotsaba, sotto processo per le sue dichiarazioni contrarie alla leva militare, costretto a lasciare il Paese e che oggi rischia 15 anni di carcere. Anche in Russia si stima che siano circa 100mila i giovani in fuga dal Paese per evitare di essere costretti a combattere. Con la sua campagna, “Un ponte per” intende sostenere le spese legali di chi rifiuta di combattere; fornire supporto psicologico a chi sta subendo il trauma della guerra, lavorare insieme a psicologi e insegnanti nelle scuole per prevenire il diffondersi di fratture sociali in futuro, operando nel campo dell’educazione alla pace.

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