“La Chiesa non è contraria – e non lo è mai stata – all’utilizzo dei media. Ciò che muta è il contesto che non è il semplice perimetro, ma inizia a rappresentarne il nucleo centrale. Il punto focale è il contesto. È questo a interpellare la nostra azione. Che il digitale sia un ambiente in cui abitiamo quotidianamente è un dato ormai acquisito! Che al digitale vengano affidati anche la memoria e i ricordi è anche questo un fatto assodato! Ma… qual è la domanda che emerge? Qual è lo scatto in più che dobbiamo fare, tutti insieme? Sono alcuni interrogativi che registriamo come input a crescere nella formazione e nella progettualità, per non essere ammiccanti alle logiche del marketing e non rinunciare al nostro impegno primario: portare il Vangelo, annunciarlo, viverlo con gioia nella società mediatizzata. È l’inculturazione del Vangelo nell’oggi mediatico. Non stiamo parlando di proselitismo, ma di testimonianza che non rincorre like spersonalizzanti, ma volti concreti”. Lo ha detto Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, in apertura del convegno “Utente e Password. Connessioni e profezia” in programma a Roma dal 24 al 26 novembre. “Ci troviamo in una situazione scomoda – nel senso letterale del termine – in cui occorre abbandonare convinzioni e ri-mettersi in moto. Non ci sono ricette già pronte e, se ci fossero, sarebbero inadeguate. Partiamo invece da un sano auto-convincimento: noi siamo comunione in azione, ovvero comunic-azione. Alla spersonalizzazione così latente – ha aggiunto Corrado aprendo i lavori del primo incontro residenziale promosso dall’Ufficio dopo la pandemia – rispondiamo con il nostro essere martiri, cioè testimoni. È la radicalità della coerenza che può diventare un importante fattore di convergenza mediatica”.