“Tutto concorre al bene” e “noi desideriamo il bene per noi, per le persone che ci sono care, per la nostra città, per il nostro Paese e per il mondo intero, soprattutto là dove la mancanza di amore genera sopraffazione, violenza e morte, là dove è necessario quel bene più grande che genera pace perché porta verità, giustizia e perdono”. Così il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, nell’omelia pronunciata questa mattina durante la messa solenne per la Festa della Salute nell’omonima basilica dedicata alla vergine Maria. Gesù, nel Vangelo, “è molto chiaro – ha spiegato Moraglia – : omicidi, furti, rapine e adulteri nascono dal cuore dell’uomo (cfr. Mc 7,21-23) e la vera educazione è quella del cuore; dobbiamo educarci ad avere dei cuori ‘buoni”’.
Non si tratta, quindi, “di fare il male in modo indolore o nascosto o garantiti da una legge – ha chiarito il patriarca – esistono, infatti, anche leggi ingiuste (ricordo quelle razziali, ma non ci sono solo quelle, ce ne sono anche altre che riguardano i momenti di fragilità della vita) -; si tratta, piuttosto, di fare il bene prendendo le distanze da ogni forma di male, anche quelle legalizzate”. Desiderare e perseguire “il vero bene mio e dell’altro, il bene comune, il bene dei più fragili poiché è questo che misura la civiltà: è anche il filo conduttore che guida la nostra Chiesa che è in Venezia, in quest’anno, nel nuovo tratto del Cammino sinodale, e che fa immediatamente emergere le domande fondamentali sul senso della vita, su ciò che guida la nostra esistenza e le motivazioni ‘forti’ che la animano o che, se vengono meno, lasciano spazio a vuoti nell’animo e a carenze affettive, spesso esito – la conclusione di Moraglia – di una carente opera educativa”.