“Non lasciamoci sorprendere anche noi. Stiamo ben attenti a non addolcire il sapore del Vangelo. Perché spesso, per convenienza o per comodità, tendiamo ad attenuare il messaggio di Gesù, ad annacquare le sue parole”. E’ la denuncia del Papa, nell’omelia della Messa in suffragio dei cardinali e dei vescovi defunti nel corso dell’anno, presieduta nella basilica di San Pietro. “Ammettiamolo, siamo diventati piuttosto bravi a fare compromessi con il Vangelo”, il monito di Francesco: “dare da mangiare agli affamati sì, ma la questione della fame è complessa e non posso certo risolverla io! Aiutare i poveri sì, però poi le ingiustizie vanno affrontate in un certo modo e allora è meglio attendere, anche perché a impegnarsi poi si rischia di venire disturbati sempre e magari ci si accorge che si poteva fare meglio! Stare vicini ai malati e ai carcerati sì, ma sulle prime pagine dei giornali e sui social ci sono altri problemi più urgenti e dunque perché proprio io devo interessarmi a loro? Accogliere i migranti sì, però è una questione generale, complicata, riguarda la politica, io non mi immischio in queste cose: sempre i compromessi. Tutto ‘si, si, si’, ma alla fine tutto ‘no’: questi sono i compromessi evangelici”. “E così, a forza di ‘ma’ e di ‘però’ – tante volte siamo uomini e donne di ‘ma’ e di ‘però’ – facciamo della vita un compromesso con il Vangelo”, ha denunciato il Papa: “Da semplici discepoli del Maestro diventiamo maestri di complessità, che argomentano molto e fanno poco, che cercano risposte più davanti al computer che davanti al Crocifisso, in internet anziché negli occhi dei fratelli e delle sorelle; cristiani che commentano, dibattono ed espongono teorie – tante! – ma non conoscono per nome neanche un povero, non visitano un malato da mesi, non hanno mai sfamato o vestito qualcuno, non hanno mai stretto amicizia con un bisognoso, scordando che ‘il programma del cristiano è un cuore che vede’, diceva Papa Benedetto”. “Quando mai? Si chiedono sorpresi sia i giusti che gli ingiusti”, nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo. Per il Papa, “la risposta è una sola: il quando è adesso, oggi, all’uscita di questa Eucaristia. Sta nelle nostre mani, nelle nostre opere di misericordia: non nelle puntualizzazioni e nelle analisi raffinate, non nelle giustificazioni individuali o sociali. Nelle nostre mani, e noi siamo responsabili. Oggi il Signore ci ricorda che la morte giunge a fare verità sulla vita e rimuove ogni attenuante alla misericordia. Fratelli, sorelle, non possiamo dire di non sapere. Non possiamo confondere la realtà della bellezza col trucco fatto artificialmente. Il Vangelo spiega come vivere l’attesa: si va incontro a Dio amando perché Egli è amore. E, nel giorno del nostro congedo, la sorpresa sarà lieta se adesso ci lasciamo sorprendere dalla presenza di Dio, che ci aspetta tra i poveri e i feriti del mondo. Non abbiamo paura di questa sorpresa: andiamo avanti nelle cose che il vangelo ci dice giuste per andare avanti ed essere giudicati alla fine. E la sorpresa del Vangelo attende di essere accarezzato non a parole, ma con i fatti”.