“Negli ultimi sei anni la magistratura, pur impegnata in diversi contenziosi a carico di Ong che effettuano soccorsi in mare, non ha mai trovato alcun riscontro di quanto affermato dai ministri del nostro Paese circa le tesi infamanti e calunniose di accordi con i trafficanti libici al fine di trasferire in Europa i migranti”. Lo ribadiscono le organizzazioni che fanno parte del Tavolo Asilo e Immigrazione (tra cui Arci, Acli, Cnca, Fondazione Migrantes, Oxfam, ActionAid, Asgi) in una lunga nota che contesta la recente dichiarazione di Italia, Grecia, Cipro e Malta, largamente ripresa dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, riguardo al ruolo delle Ong e i flussi migratori nel Mediterraneo. Il Tavolo Asilo e Immigrazione respinge fermamente quanto scritto nella nota e ricorda che “le operazioni effettuate dalle navi di salvataggio sono ancorate ai principi del diritto internazionale” e che “esiste ormai una giurisprudenza consolidata” con le sentenze degli ultimi anni dei Tribunali di Agrigento, Palermo, Trapani e Catania, tra cui la più nota della Corte di Cassazione del 16 gennaio 2020 che ha assolto Carola Rackete. Al contrario, precisano le organizzazioni impegnate in prima linea con i migranti, “i quattro Stati firmatari della dichiarazione stanno al contrario contravvenendo al principio
di non-refoulement come sancito dall’art.33 della Convenzione di Ginevra”. Le organizzazioni del Tavolo Asilo ricordano che “Malta semplicemente non risponde alle richieste di individuazione di un porto sicuro da parte delle navi che effettuano salvataggi negando non solo lo sbarco ma anche il coordinamento dei soccorsi. Ed anche l’Italia quando riceve le segnalazioni di natanti in difficoltà nel Mediterraneo centrale dalle Ong presenti, omette di assumere il coordinamento, anche in presenza di un rifiuto di assumere la responsabilità da parte di altri Rcc”. “È opportuno precisare – sottolineano – che tali sistematici comportamenti ingiustificati, in presenza di offese alla vita umana, possono costituire reato”.
Inoltre, precisano “è del tutto scorretto affermare che gli Stati di bandiera abbiano la responsabilità di far sbarcare sul loro territorio i sopravvissuti salvati dalle loro navi, così come che debbano accogliere le domande di asilo”, L’unica reale opportunità per gli Stati di “modificare la situazione attualmente vigente ed alleggerire le responsabilità degli Stati costieri – suggeriscono – è la modifica del Regolamento di Dublino”, anche se, secondo dati ufficiali (Unhcr, Eurostat), in Italia i rifugiati accolti sono appena lo 0,2% sulla popolazione residente, in coda a Svezia, Germania, Grecia, Francia, Danimarca, Paesi Bassi. Per concludere, l’utilizzo del termine “navi private” che “sembra indicare soggetti che si muovono contro gli interessi pubblici per perseguire fini particolaristici, finisce solo col segnalare chiaramente il fallimento della politica italiana ed europea, che ha da anni abdicato al proprio dovere di soccorso, lasciandone nei fatti la responsabilità alle organizzazioni umanitarie e alle navi mercantili che si trovino a intercettare natanti in difficoltà”.