È convocata per oggi la Camera dei Deputati chiamata ad eleggere il nuovo presidente libanese. Il Capo di Stato, Michel Aoun, è scaduto il 31 ottobre scorso e da 15 giorni la carica è vacante. La Camera si è già riunita cinque volte da fine agosto, ma senza trovare la necessaria convergenza su un candidato. A maggio scorso si sono tenute le elezioni politiche ma un nuovo esecutivo non è stato ancora formato. Il Governo ad interim è guidato dal premier Najib Mikati. Dovrà essere il nuovo presidente a firmare il decreto che designa il primo ministro.
Nel ripercorrere la vicenda politica libanese, la rivista Terrasanta.net ricorda il recente appello dei vescovi e dei patriarchi cattolici libanesi, riunitisi nella loro 55esima sessione annuale ordinaria presso la sede patriarcale maronita di Bkerke dal 7 all’11 novembre, che in un lungo comunicato finale, avvertono che “uno Stato senza un presidente cade nella paralisi totale e nessuna priorità è superiore a quella di eleggere il Presidente della Repubblica”. Con oltre l’80% della sua popolazione sotto la soglia di povertà, “il Libano sta attraversando la fase più pericolosa della sua storia politica, sociale, economica e finanziaria”. Senza un presidente, sottolineano i vescovi, “non ci possono essere tutela della Costituzione, controllo sul regolare funzionamento delle istituzioni statali, separazione dei poteri e via d’uscita dalla paralisi politica, economica e finanziaria”. La responsabilità di questa situazione grava sui “rappresentanti della nazione e i loro blocchi”. Anche Papa Francesco, sul volo di ritorno dal Bahrein, ha ricordato la sofferenza del Paese dei Cedri e lanciato un appello ai politici libanesi: “Lasciate da parte gli interessi personali, guardate al Paese e mettetevi d’accordo. Prima Dio, dopo la patria, poi gli interessi. Bisogna sostenere il Libano, aiutare affinché il Libano si fermi in questa discesa, affinché il Libano riprenda la sua grandezza”.
Dopo l’assemblea dei vescovi, a stigmatizzare “il deplorevole fallimento del Parlamento nell’eleggere un presidente dopo cinque sessioni che sono state una farsa” è stato ancora il patriarca maronita, card. Bechara Rai, nell’omelia domenicale del 13 novembre. In un simile contesto il capo della Chiesa maronita è tornato a chiedere la convocazione di una conferenza internazionale per il Libano, che serva a “rinnovare le garanzie dell’esistenza di un Libano indipendente, del sistema democratico, e del controllo esclusivo dello Stato sul territorio, in base a quanto previsto dalla sua Costituzione e da tutte le risoluzioni internazionali riguardo al Libano”. In virtù di accordi politici consolidati per l’attribuzione delle massime cariche dello Stato tra le principali componenti della società libanese, ricorda il sito terrasanta.net, il presidente della Repubblica deve essere un cattolico maronita, il capo del governo un musulmano sunnita e il presidente del parlamento un musulmano sciita.