“È ora che i panni sporchi non si lavino più in famiglia”. È l’appello di mons. Lorenzo Ghizzoni, responsabile del Servizio nazionale della Cei per la Tutela dei minori e delle persone vulnerabili. Rispondendo alle domande dei giornalisti nel corso della conferenza stampa di presentazione del primo Report della Cei sulle attività delle diocesi per la tutela dei minori, Ghizzoni ha ricordato che “il 93% dei casi di abusi avvengono in famiglia, o in ambito familiare o nel ‘circolo della fiducia’ che si crea negli ambienti che frequentano i minori”. “È ora che i panni sporchi non si lavino più in famiglia”, ha proseguito: “Noi dobbiamo farlo come Chiesa, ma in tutti gli ambiti della società civile deve crescere questa consapevolezza. Bisogna imparare a dire e a denunciare, non bisogna passarci sopra”. Negli ultimi anni, ha fatto notare l’esperto, è cambiata in positivo la percezione della gravità degli abusi: “C’è una coscienza diversa riguardo alle vittime: il vero cambiamento, come Chiesa, è avvenuto proprio quando noi abbiamo cominciata a metterci nei panni delle vittime. Abbiamo condiviso il loro dolore e le loro ferite, e il cominciare a tener conto di questo fattore, più che degli altri, ha fatto sì che cominciassimo seriamente a cambiare stile”. “Questo è avvenuto anche a livello sociale e culturale”, il bilancio di Ghizzoni: “il reato di pedofilia, del resto, è entrato nel diritto italiano alla fine degli Anni Novanta. C’è una presa di coscienza specifica – ma non è ancora abbastanza – del problema degli abusi. Stiamo uscendo dall’idea che i panni sporchi si lavano in famiglia”. “La dignità di una persona vale di più di un mondo intero”, ha ribadito il relatore: “la Chiesa italiana, con questo Report, si impegna a valutare i casi, per una reazione adeguata che coinvolga tutti i soggetti della società italiana per un problema che è di tutti e deve vedere maggiore coinvolgimento e sinergia”.