“Non possiamo svalutare la spiritualità popolare o considerarla una modalità secondaria di vita cristiana, perché sarebbe come dimenticare il primato dell’azione dello Spirito e l’iniziativa gratuita dell’amore di Dio. Nella pietà popolare è contenuto ed espresso un senso intenso di trascendenza, una capacità spontanea di appoggiarsi a Dio e una vera esperienza di amore teologale”. Lo ha detto, oggi pomeriggio, don Paolo Carrara, docente della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale (Ftis), intervenendo a Varese al 56° convegno dei rettori e operatori di santuari organizzato dal Collegamento nazionale santuari (Cns), con la collaborazione dell’Ufficio nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport della Cei. Nella sua relazione dal titolo “La pietà popolare del solco dell’evangelizzazione”, don Carrara ha evidenziato: “Essa è, pure, un’esperienza di sapienza soprannaturale, perché la sapienza dell’amore non dipende direttamente dall’illuminazione della mente, ma dall’azione interna della grazia. Per questo la chiamiamo spiritualità popolare: ossia una spiritualità cristiana che, essendo un incontro personale con il Signore, ingloba il corporeo, il sensibile, il simbolico e le necessità più concrete delle persone. È una spiritualità incarnata nella cultura dei semplici, che non per questo è meno spirituale, ma lo è in maniera altra”.
“Il camminare insieme verso i santuari e la partecipazione ad altre manifestazioni della pietà popolare, portando con sé anche i figli e coinvolgendo altre persone, è in se stesso un’azione di evangelizzazione, attraverso la quale il popolo cristiano si autoevangelizza e realizza la vocazione missionaria della Chiesa”, ha aggiunto.