Domenica 20 novembre per la prima volta, nella storia dell’abbazia di Farfa, storici del medioevo, della letteratura e dell’arte, padri benedettini, comparativisti si daranno appuntamento in quel luogo di culto e monumento di storia non solo e non tanto per parlare delle sue origini, delle sue vicissitudini storiche, dei manoscritti, degli archivi, ma della sua narrazione. A partire da un antico, il più antico, cronista come il monaco Gregorio da Catino, che scrive il suo celebre Chronicon Farfense all’inizio del dodicesimo secolo, prima vera storia dell’abbazia con l’elenco delle acquisizioni abbaziali, cronologie di re, imperatori, abati e pontefici, una sorta di macchina del tempo in grado di riportarci indietro di secoli e farci ripercorrere la storia non solo di Farfa, ma di tutta l’Italia centrale e oltre. Della sua narrazione parlerà Umberto Longo, docente di Storia medioevale alla Sapienza di Roma, oltre che un grande esperto della storia di questi luoghi. Ma storia di Farfa, come spiegherà il priore dell’Abbazia, dom Eugenio Gargiulo, significa anche la sua ripresa negli anni Venti del Novecento da parte del card. Ildefonso Schuster con la sua monumentale “L’imperiale abbazia di Farfa”. Benedettino lui stesso, Schuster ripercorre, sulla base di tutta la documentazione, archivistica, storica, archeologica in suo possesso, la lunga vicenda del passaggio tra il paganesimo – forse Lorenzo Siro, primo leggendario fondatore di Farfa si trovò di fronte ad un sacello della dea sabina Vacuna -, e il cristianesimo, poi dell’arrivo di Carlo Magno e l’apice dello splendore di un complesso abbaziale “ricco e magnifico al di dentro, potentissimo al di fuori, le cui possessioni si estendevano dall’Abruzzo alla Lombardia”. Questi luoghi sono stati meta di pellegrinaggi, passaggi rituali, viaggi di gente comune, religiosi, ma anche artisti e scrittori per molti secoli, fino e oltre l’inizio del Gran Tour iniziatico dei rampolli della buona società europea. Un viaggio di cui parlerà Roberto Lorenzetti, che, oltre ad essere stato direttore dell’Archivio di Stato di Rieti, è autore di rilevanti studi sui viaggiatori-artisti soprattutto in Sabina. Altri parleranno poi di come l’Abbazia imperiale è stata narrata dagli scrittori dal Novecento ai giorni nostri, facendo luce sul rapporto tra edificio del Nome della rosa di Umberto Eco e palazzo degli abati di Farfa e sul ritorno dell’abbazia in alcuni romanzi di storia, d’amore, di fantasia, oppure leggeranno documenti, brani, descrizioni dell’abbazia e dei suoi spazi. Un nuovo modo di intendere i luoghi, quindi, basato non solo sull’archeologia, la storia dell’arte e l’archivistica, ma sul fascino che questo spazio sacro ha suscitato nel tempo, attraverso la felicità di raccontare storie vere, ma anche l’inventio, l’amore per le origini, la riscoperta delle radici, e dello spirito di un luogo diventato già leggenda cristiana.