La formazione continua è la chiave di volta per i lavoratori del Mezzogiorno, ancora di più rispetto al Centro e al Nord Italia. È quanto emerso dall’indagine Rola (Rilevazione delle Opinioni dei lavoratori e delle aziende), svolta da Fondimpresa, (associazione costituita da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil) e dall’Inapp (Istituto nazionale per l’Analisi delle politiche pubbliche) durante la crisi pandemica del 2020 e realizzata coinvolgendo 11.929 dipendenti.
Dal Rapporto, presentato a Benevento, emerge infatti che la quota di lavoratori che riscontrano cambiamenti dopo la formazione è mediamente più elevata nel Mezzogiorno: il 92,2% dei lavoratori che hanno seguito un corso di formazione in qualsiasi materia registra dei miglioramenti significativi nella propria posizione lavorativa con l’acquisizione e il miglioramento delle tecniche e delle procedure aziendali, del livello di autonomia e la riduzione degli errori. Notano almeno un cambiamento nello stesso ambito rispettivamente l’88% e l’87,3% dei lavoratori intervistati al Nord e al Centro. Circa i cambiamenti in azienda, dall’indagine è emersa una netta differenza in termini di percentuali: i lavoratori meridionali nell’80,4% dei casi riportano di aver assistito a cambiamenti in azienda dopo la formazione, con la riduzione dei livelli gerarchici, una maggiore partecipazione a processi di innovazione e una maggiore autonomia decisionale. La percentuale scende di gran lunga per i lavoratori delle regioni centrali e settentrionali: 68,3% e 67,7%. I cambiamenti di mansioni invece hanno riguardato al Sud il 44% dei lavoratori, in Italia Centrale il 35,8% e il 35% in Italia settentrionale. In definitiva la formazione nel Mezzogiorno sembrerebbe comportare in maggior misura rispetto alle altre macro-aree dei cambiamenti in termini di mansioni dei lavoratori: la probabilità che alla formazione si leghi un’evoluzione del lavoratore in termini di mansioni cresce del 3,9% per ogni punto di conoscenza acquisito durante il percorso formativo.
“Uno dei punti di forza della competitività delle imprese oggi consiste nella capacità di sapere investire in capitale umano, l’azienda che attiva percorsi di formazione aumenta le competenze dei propri lavoratori, e la sorpresa è che questa strada è stata intrapresa con grande impegno nel nostro Mezzogiorno”, ha spiegato durante la presentazione Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp. “Terminata l’emergenza legata alla pandemia – ha aggiunto – risulta fondamentale oggi intensificare gli investimenti su percorsi di re-skilling e di up-skilling capaci di favorire l’adozione di innovazioni tecnologiche e organizzative. Questo per evitare l’obsolescenza delle competenze dei nostri lavoratori con la conseguente perdita di competitività delle nostre imprese”. Secondo Fadda, “il modello educativo tradizionale legato all’istruzione limitata ai ‘banchi di scuola’ deve essere integrato da un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita lavorativa, proprio per agevolare lo sviluppo tecnologico delle imprese attraverso l’adeguamento delle competenze e delle abilità di tutto il personale”.