“Davanti al mistero del male, dove l’uomo è solo e impotente, la fede permette di fare il passo che riapre di nuovo un cammino, che ricrea fiducia e rende possibile ritrovare un senso: perché nella fede nulla è mai definitivamente morto. È questa la testimonianza che riceviamo da voi. Nonostante tutto, proprio lì dove tutto sembra essere bloccato, senza vie di uscita, la fede apre nuovi cammini e prospettive, crea spazi di vita, di amore e condivisione”. Lo ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, celebrando il 1° ottobre nella città santa la Giornata internazionale dei migranti, promossa dal Vicariato dei migranti e dei richiedenti asilo di Terra Santa guidato dal padre benedettino Nikodemus C. Schnabel. La Giornata, dal tema “Costruire il futuro insieme ai migranti e ai rifugiati”, è stata celebrata ufficialmente domenica 25 settembre, ma a causa della festività di Rosh Hashanah in Israele, la celebrazione è stata posticipata. Nell’omelia il patriarca ha dipinto il quadro sociale nel quale i migrati e i rifugiati vivono in Terra Santa: “Penso alla questione della continua minaccia di espulsioni che coinvolge moltissime famiglie e che è un dramma soprattutto per i figli. Bambini e ragazzi, nati e cresciuti qui e che, a distanza di anni, sono minacciati di partire per una patria che non hanno mai conosciuto. In un certo senso, sono costretti a diventare a loro volta migranti e partire da quello che dovrebbe essere il loro Paese verso l’ignoto. Famiglie che periodicamente devono cambiare residenza, per paura di essere rintracciate ed espulse. Lavoratori e lavoratrici che non hanno la possibilità di uscire facilmente dalle case dove lavorano. Richiedenti asilo, soprattutto donne, che non hanno prospettive di lavoro ed esposte a minacce di ogni tipo. Penso, insomma, ai tanti che vivono tra noi senza alcuna garanzia giuridica, con il rischio di essere costretti ad andarsene in qualsiasi momento, senza mezzi e senza la possibilità di procurarseli, costretti a vivere di briciole. Penso a chi vive in condizioni di lavoro umilianti, ma soprattutto ai tanti bambini che non hanno la possibilità di vivere come qualsiasi altra famiglia, con un padre e una madre vicini, una casa e un contesto di vita sereno; costretti a partire per un Paese straniero e non necessariamente amico, a essere divisi, per mancanza di mezzi, sempre in movimento e con la paura di dover partire all’improvviso per un futuro imprevedibile”.
Quella che la comunità dei migranti e dei rifugiati offre, ha aggiunto Pizzaballa, “è una lezione anche per le nostre comunità locali, anch’esse schiacciate da tanti problemi, ma chiamate a dare la stessa testimonianza di fede, di essere quel seme che nonostante tutto, seppur non visibile, fa crescere alberi insradicabili”. La Chiesa di Terra Santa, ha ricordato il patriarca, “è composita, ha tante forme diverse, parla molte lingue, ha una incredibile varietà di colori. È vero che siamo noti nel mondo per essere la Chiesa dello Status Quo, di tutto ciò che è inamovibile, ma se sappiamo osservare bene, vediamo davvero come il piccolo seme del vangelo stia facendo crescere, silenziosamente e pazientemente, nuove realtà cristiane di vita e di fede nel nostro Paese. È necessario – ha concluso – che poco alla volta tutte queste diverse anime di questa stessa nostra Chiesa si incontrino più spesso, che preghino insieme, condividano le loro esperienze di vita. Quando viene condivisa, la fede si rafforza e si arricchisce di una nuova vitalità, di cui abbiamo tanto bisogno”.