“Tutti noi in qualche modo abbiamo fatto esperienza di desolazione. Il problema è come poterla leggere, perché anch’essa ha qualcosa di importante da dirci, e se abbiamo fretta di liberarcene, rischiamo di smarrirla”. Lo ha detto il Papa, che ha dedicato l’udienza di oggi alla prima modalità affettiva, oggetto del discernimento: la desolazione, così definita da Sant’Ignazio di Loyola: “L’oscurità dell’anima, il turbamento interiore, lo stimolo verso le cose basse e terrene, l’inquietudine dovuta a diverse agitazioni e tentazioni: così l’anima s’inclina alla sfiducia, è senza speranza e senza amore, e si ritrova pigra, tiepida, triste e come separata dal suo Creatore e Signore”. “Tutti noi ne abbiamo esperienza”, ha commentato a braccio Francesco: “Nessuno vorrebbe essere desolato, triste. Tutti vorremmo una vita sempre gioiosa, allegra e appagata. Eppure questo, oltre a non essere possibile, non sarebbe neppure un bene per noi. Infatti, il cambiamento di una vita orientata al vizio può iniziare da una situazione di tristezza, di rimorso per ciò che si è fatto. È molto bella l’etimologia di questa parola, ‘rimorso’: letteralmente è la coscienza che morde, che non dà pace”. L’esempio citato dal Papa è quello di Alessandro Manzoni, che nei Promessi sposi “ci ha dato una splendida descrizione del rimorso come occasione per cambiare vita”: “Si tratta del celebre dialogo tra il cardinale Federico Borromeo e l’Innominato, il quale, dopo una notte terribile, si presenta distrutto dal cardinale, che si rivolge a lui con parole sorprendenti: ‘Voi avete una buona nuova da darmi, e me la fate tanto sospirare?’. ‘Una buona nuova, io? Ho l’inferno nel cuore. Ditemi voi, se lo sapete, qual è questa buona nuova’. ‘Che Dio v’ha toccato il cuore, e vuol farvi suo, rispose pacatamente il cardinale’”. “Dio tocca il cuore e ti viene qualcosa dentro”, ha spiegato a braccio Francesco: “La tristezza, il rimorso: è un invito a iniziare una strada. L’uomo di Dio sa notare in profondità ciò che si muove nel cuore”.