“Ci sono tante tentazioni di pensare la sicurezza come esclusione dell’altro. In realtà non si è mai sicuri, escludendo l’altro. I muri non garantiscono anzi complicano la sicurezza. La convivenza invece è generativa. Il Mediterraneo è da sempre un luogo di convivenza, necessariamente di mediazione. E c’è un grido che sale dal Mediterraneo che non dobbiamo dimenticare, un grido che dice: salvami! La pace comincia nel salvare la vita e la speranza. Se muore la speranza, muore anche la persona”. Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, intervenendo questa mattina al centro Congressi La Nuvola di Roma ad uno dei Forum dal titolo “Mediterraneo, il mare plurale” organizzato nell’ambito dell’incontro interreligioso della Comunità di Sant’Egidio”. Nel suo intervento, Zuppi parla di migrazione. “Deve essere affrontato non tanto in termini di sicurezza ma in termini innanzitutto di umanesimo e umanità”, dice. “Dobbiamo ancora liberarci dalla tentazione di vivere soltanto con la paura. Lasciamo questo al passato ma cerchiamo – ed è questa una responsabilità di tutta l’Europa – un approccio che non sia solo non di sicurezza ma di visione, di futuro e fare del Mediterraneo il laboratorio dell’incontro”. Riproponendo l’immagine del naufragio sull’isola di Malta dell’apostolo Paolo, il cardinale ha detto: “La sfida è essere tutti di quella rara umanità”. Ed ha aggiunto: “In questo naufragio che è la crisi, abbiamo tutti bisogno della rara umanità e nessuno ne ha l’esclusiva. La sfida è quella di fare del Mediterraneo il primo laboratorio della visione di Papa Francesco della Fratelli Tutti”. “Scontro o incontro?”, ha chiesto Zuppi: “Lo scontro – ha osservato – porta a chiudere, accentua la paura. Se poi lo scontro viene immaginato come uno scontro di cultura, a maggior ragione ci si sente in diritto di difendersi e l’incontro appare cedevolezza. Quel che peggio è la denigrazione dell’incontro e l’amplificazione, polarizzando i termini, della chiusura. Ma non c’è futuro senza accoglienza e l’accoglienza è sempre legata alla convivenza. Chi accoglie, sa convivere, chi non accoglie resta solo”. “Tante volte non c’è attenzione verso l’altro”, ha detto l’arcivescovo che mette in guardia anche dal “risentimento che giustifica poi la guerra”. “Proprio per questo – incalza – il Mediterraneo deve diventare un laboratorio del contrario della umiliazione e dobbiamo quindi sperimentare l’accoglienza umana, offrirla e moltiplicare le occasioni di incontro e collaborazione, anzitutto fra le due rive del Mediterraneo, tra i paesi che si affacciano e che hanno un futuro insieme. Lasciare tanti spazi alla povertà e alla disperazione, non è positivo. Può diventare motivo di conflitti e scontri per domani”. Rifacendosi poi ai temi al centro dell’incontro di questi giorni, il card. Zuppi riflette: “Non è chimica il dialogo. E’ un algoritmo che ancora l’’intelligenza artificiale non ha inventato. Distrugge le paure”. Le religioni hanno un ruolo importante da svolgere perché la vera arte di Dio “è quella del dialogo, del pensarsi insieme”. “La pace – conclude il cardinale – ha bisogno di dialogo, di costruire ponti e di continuare ad abbattere tanti muri. Qualche volta sembra strano dialogare. Per alcuni è ingenuo o addirittura pericoloso ma è strano non farlo perché altrimenti crescono i pregiudizi e non si può rispettare ciò che non si conosce. Proprio per questo dobbiamo imparare a dialogare. Il Mediterraneo deve essere una cerniera e non un muro perché solo vincendo le paure, si può trovare il proprio futuro”.