“Nel Rosario c’è la salvezza”: lo ha affermato, ieri sera, mons. Domenico Sorrentino, arcivescovo-vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, intervenendo ieri sera a Pompei, al convegno “Contemplare Gesù con gli occhi di Maria”. Nella sua relazione ha “accompagnato” i presenti in un “viaggio” nella Lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” di Papa Wojtyla, illuminandone alcuni aspetti particolari. “In questo momento segnato dalla guerra in Ucraina – ha proseguito – comprendiamo che la nostra umanità è uscita bella dalle mani di Dio ed è stata deturpata dal peccato originale e da quel primo episodio di violenza fratricida tra Caino e Abele. È stata poi una sequenza infinita di episodi di violenza. E lo è ancora oggi. Abbiamo bisogno di salvezza, che in ebraico è Yehoshu’a, per noi è Gesù”. “Nella frase di Maria a Bartolo Longo, ‘Chi propaga il Rosario è salvo!’ – ha sottolineato –, la Madonna gli riconsegna Dio per ridonarlo all’umanità. (…). Nella ‘Rosarium Virginis Mariae’, Giovanni Paolo II, come il Papa del Rosario Leone XIII, diede al Rosario due missioni: la famiglia e la pace. La famiglia non intesa solo come legame coniugale, ma come unione generale del mondo. E la pace cosmica, sociale, universale”. Mons. Sorrentino ha spiegato: “Giovanni Paolo II voleva aiutare la Chiesa a fare il passaggio da devozione a contemplazione, da un incontro con la Madre alla ‘scuola’ della Madre”. È dunque indispensabile, pregando il Rosario, farsi come Maria, imitarla: “Il Rosario si fa assimilazione, non è solo una devozione, ma il cammino che compiamo con Maria, il cuore di Maria, i suoi occhi, attraverso i quali dobbiamo riguardare Gesù”. Dal Rosario deriva l’azione, come dimostra l’esperienza esistenziale e l’opera del Beato Bartolo Longo che “è un grande profeta perché le opere di carità sono l’altra faccia della medaglia – ha spiegato l’arcivescovo Sorrentino – le parole del Rosario diventano azione”.