Il Paese di origine influenza le discriminazioni sul posto di lavoro. Nel 2021 in Europa, 5,2 milioni di donne e 3,6 milioni di uomini, di età compresa tra 15 e 74 anni, hanno riferito di essersi sentiti discriminati sul lavoro. Lo comunica Eurostat in una pubblicazione odierna del rapporto 2021 sulla forza lavoro, in particolare sui migranti e le generazioni seguenti. Secondo i dati, 0,2 milioni di uomini e 1,6 milioni di donne hanno dichiarato di essere discriminati per genere. Inoltre in Europa, le percentuali più elevate, sia per gli uomini (7,7%) che per le donne (8,8%), di coloro che si sentono discriminati sul lavoro sono state registrate tra i nati in un Paese extra Ue, seguiti da quelli nati in un altro Paese Ue (5,4% per gli uomini e 7,5% per le donne). Mentre, il tasso di occupati nati nel Paese in cui dichiarano di sentirsi discriminati sul lavoro è molto più basso: 3,2% per gli uomini e 5,8% per le donne. In termini assoluti, 618mila uomini e 564.600 donne nati in un Paese extra Ue e 193.500 uomini e 256.200 donne nati in un altro Paese Ue hanno riferito di essersi sentiti discriminati sul lavoro. “Il motivo della discriminazione è spesso l’origine straniera: questo riguarda soprattutto gli uomini nati in un Paese extra-Ue (6,0%) rispetto alle donne (5,0%)”. In totale, 481.700 uomini e 322.800 donne nati in un Paese fuori dall’Ue hanno riferito di esser stati discriminati sul lavoro a causa della loro origine straniera. Mentre all’interno dell’Ue, sono, in particolare, le donne nate in un altro Stato membro a denunciare discriminazione per le loro origini (3,4%) rispetto agli uomini (3,2%).