“Sempre nel Messaggio per la Giornata mondiale dei poveri il Papa ribadisce che è urgente trovare nuove strade che possano andare oltre l’impostazione di quelle politiche sociali «concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno inserita in un progetto che unisca i popoli’ (Enc. Fratelli tutti, 169). Bisogna tendere invece ad assumere l’atteggiamento dell’Apostolo che poteva scrivere ai Corinzi: ‘Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza’ (2 Cor 8,13)”. Lo ha detto mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia e presidente di Caritas italiana, alla presentazione, a Roma, del Rapporto su povertà ed esclusione sociale dal titolo “L’anello debole”, curato da Caritas Italiana.
Per mons. Redaelli, “bisogna ridiscutere i fini, i metodi, gli strumenti e i tempi della conduzione dell’economia perché essa sia ‘al servizio degli uomini’. Se si opta per questa scelta bisogna sapere che essa non è indolore. Comporta infatti l’assunzione, sul piano teorico, del carattere strumentale dell’economia: se è finalizzata alla pienezza della dignità umana deve sottostare a regole che non sono soltanto quelle del mercato; e l’armonizzazione non è solo lo stare assieme di entità e poteri autonomi ma anche il loro concorrere ad un fine condiviso e garantito politicamente”. Così, ha osservato, “la politica rientra di pieno diritto come garante dei ‘fattori umani’ all’interno di uno sviluppo integrale umanamente orientato. Ricordandoci sempre quanto già San Paolo VI ha sottolineato nella Populorum Progressio: ‘Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e tutto l’uomo’ (n. 14)”.
Di qui l’invito: “Prendere coscienza della portata della sfida che è davanti a ciascuno di noi e a ‘noi’ come comunità – e comunità cristiana in modo specifico – è la condizione necessaria per non rimanere sopraffatti dalla logica della inevitabilità dei dati e delle tendenze, cioè della ineluttabilità dei fatti compiuti. Una logica molto lontana dalla speranza che caratterizza i cristiani. Una speranza fondata sul Vangelo e che proprio per questo diventa concreta carità”.
Ricordando le parole di san Paolo nella lettera ai Galati – “[Gli apostoli] ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare” -, il presidente di Caritas italiana ha concluso: “‘Ricordarci dei poveri’: è un invito che vale per ciascuno di noi e per ogni istituzione civile e religiosa. Mi auguro che tutti possiamo con san Paolo dire: ‘È quello che ci siamo preoccupati di fare’”.