“Quasi 2.800 Centri di ascolto Caritas solo nel 2021 hanno effettuato oltre 1,5 milioni di interventi, per poco meno di 15 milioni di euro, con un aumento del 7,7% delle persone che hanno chiesto aiuto. Anche nel 2022 i dati raccolti fino ad oggi confermano questa tendenza. Non si tratta sempre di nuovi poveri ma anche persone che oscillano tra il dentro e fuori dallo stato di bisogno. Tra questi coloro che, pur lavorando, sono poveri (working poor) oggi sono pari al 13% degli occupati. Il 23,6% di quanti si rivolgono ai centri di ascolto sono lavoratori poveri. Sono in aumento gli stranieri rispetto agli italiani: questo è comprensibile perché in una situazione di peggioramento economico i primi a entrare in difficoltà sono coloro che, come gli stranieri, hanno spesso un lavoro precario (spesso al di sotto della preparazione professionale)”. Sono i dati ricordati dal presidente di Caritas italiana, mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia, intervenendo, oggi, alla presentazione a Roma del Rapporto su povertà ed esclusione sociale dal titolo “L’anello debole”, curato da Caritas Italiana.
“È necessario dunque impegnarsi sempre di più, in una logica condivisa e di rete, per restituire dignità al lavoro – ha osservato il presule -. Soltanto così sarà possibile far uscire tantissime famiglie e tantissimi giovani dalla zona d’ombra in cui purtroppo sono finiti in questi ultimi anni e spezzare anche quella povertà che per troppe persone e intere generazioni sembra destino inevitabile. Sei assistiti Caritas su 10 sono infatti poveri ‘intergenerazionali’, uno su tre tra i nati da genitori senza alcun titolo si è fermato alla sola licenza elementare. Nel nostro Paese occorrono ben 5 generazioni perché una persona che nasce in una famiglia molto povera possa raggiungere un livello di reddito medio (la media Ocse è 4,5 generazioni, ma al nord Europa ne bastano 2). Un ultimo dato davvero preoccupante è che in Italia ci sono oltre 3 milioni di Neet – che non studiano, né lavorano, né ricevono una formazione (nella fascia 15-34 anni), pari al 25,1% del totale”.
Al di là dei dati, delle percentuali, degli aiuti materiali, secondo mons. Redaelli, “emerge l’importanza dell’ascolto, dell’incontro, del camminare insieme e soprattutto del costruire insieme nuove opportunità”.