Fine vita: associazioni, “Regioni diano piena attuazione a legge 38/2010”. “Consulta non legalizza eutanasia ma esorta Parlamento a normare materia”

“Le Regioni diano piena attuazione alla legge 38/2010”. Lo chiedono le presidenze nazionali di diverse associazioni di ispirazione cattolica, sanitarie e non. Nel ricordare che la Corte Costituzionale con la sentenza 242 del 2019 individua alcuni precisi requisiti per una “possibile non punibilità” di “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio”, le associazioni chiariscono in una nota che la Consulta “non legalizza tuttavia l’eutanasia, anzi afferma anche che la garanzia per il cittadino di un percorso di cure palliative e gestione del dolore cronico rappresenta un prerequisito inderogabile”. L’esortazione della Corte rivolta al Parlamento della Repubblica a tradurre la sentenza in una legge unica per tutti i cittadini italiani, “non può essere recepita, da un punto di vista giuridico, autonomamente dalle singole Regioni, sulle quali piuttosto grava l’obbligo di dare piena attuazione alla legge 38/2010 sulle cure palliative ed il trattamento del dolore cronico, il cui stato di avanzamento non è ancora pienamente realizzato sul territorio nazionale e non è idoneamente supportato da politiche di formazione e informazione del cittadino”, affermano le associazioni con riferimento alla proposta di legge, già bocciata dal Consiglio regionale della Puglia, in materia di “Assistenza sanitaria per la morte serena e indolore per pazienti terminali”, che, “non sostenibile sia dal punto di vista scientifico che metodologico, sembra andare ben oltre i limiti dell’aiuto al suicidio, aprendo di fatto la porta al concetto di eutanasia propriamente detta, ovvero all’intento di abolire la sofferenza eliminando il sofferente”.
Le associazioni – Associazione medici cattolici italiani (Amci), Federazione europea associazioni medici cattolici (Feamc), Centro italiano femminile (Cif), Crocerossine d’Italia e Forum sanitario – sottolineano che “le prospettive di fine vita richiedono maggiori investimenti nell’assistenza territoriale e domiciliare, migliori politiche attive e consistenti aiuti economici per quelle persone che hanno familiari non autosufficienti a carico e che una società opulenta come la nostra debba sentire come obbligatoria la necessità di dare una risposta ai bisogni degli anziani, soprattutto se poveri, soli e non autosufficienti. Anziché riproporre leggi eutanasiche si dia un immediato reale potenziamento all’assistenza dei pazienti con le più gravi, croniche e progressive patologie, idoneo sostegno alle famiglie, piena fruibilità di cure palliative in ogni età e ovunque”. Necessario inoltre riassegnare alla competenza nazionale “il compito di normare questo delicato periodo di vita, per non frammentare l’omogeneità delle risposte, delle norme e delle condotte che si chiede agli operatori sanitari di erogare su tutto il territorio nazionale. Su temi di così altra rilevanza etica è necessaria una univoca determinazione nazionale proprio nel rispetto di quanto auspicato dalla Corte Costituzionale”. Facendo propria “l’esortazione della Conferenza episcopale pugliese e dei vescovi, che invitano la società tutta ad una prudente valutazione della realtà senza assolvere le inadempienze finora evidenziate che se risolte con percorsi legislativi di ripiego rischiano di non essere rimedi efficaci sia a livello scientifico che umano”, le associazioni concludono: “Occorre comprendere le urgenze e creare nuove opportunità di apertura al mondo della sofferenza, che non ha colore di parte, non ha bandiere, non ha credo, ma impone umiltà di giudizio, senza presunzione di attribuire colpe o indicare colpevoli”.

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