“Sembra assurdo ma è così: sono i poveri che spaventano, per cui vanno aiutati ma a restare poveri, altrimenti se alzano la testa e diventano attivi protagonisti del loro futuro, cambiano la storia del mondo, perché dalla loro parte si schiera Dio stesso che si fa uno di loro e che abbatte i potenti dai troni ed esalta gli umili. Questa è la sfida che interpella anche la nostra città e invita a lasciarci provocare dalla presenza e dalle richieste espresse o inespresse, ma sempre reali e concrete, dei poveri, degli immigrati, dei senza dimora, dei lavoratori e le loro famiglie che soffrono per l’abbandono in cui sono costretti e rischiano di perdere il posto di lavoro come i miei amici dell’ex Embraco”. Lo ha affermato ieri l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, in occasione dell’Epifania.
“Non dimentichiamo che i Magi – ha affermato nell’omelia – sono di altri Paesi e anche di religione diversa rispetto a quella del popolo di Israele. Essi interrogano gli esponenti della politica e dell’autorità e quelli della religione ed ottengono sì una risposta ma non ricevono un aiuto concreto per essere accompagnati a Betlemme”. “Ebbene – ha proseguito l’arcivescovo –, capita anche a noi oggi che tante persone bisognose di accoglienza e di solidarietà ci interroghino con la loro presenza, e le loro necessità: Voi che dite di credere in Cristo difensore degli ultimi, sapete indicarci la strada che ci permette di riconoscerlo ed incontrarlo qui e ora nella vostre comunità e nella città?”. “Se la nostra risposta resta estranea ai loro bisogni esistenziali, spirituali ed umani, facciamo come Erode, i sacerdoti e gli scribi, non ci interessiamo delle loro richieste e pensiamo solo a noi stessi”, ha ammonito mons. Nosiglia. “Se invece comprendiamo che la loro provocazione ci stimola ad uscire dalle nostre paure, dal nostro perbenismo e paternalismo, dal nostro dare buoni consigli senza impegnarci in prima persona a farci carico di assumere le loro necessità, allora il nostro agire diventerà forza di cambiamento anche per la nostra realtà sociale e la renderà più sicura, e concreta”. “Torino è certamente una delle città più aperte alla accoglienza e integrazione”, ha osservato l’arcivescovo che ha auspicato un impegno diffuso nelle e delle diverse realtà sociali. “Credo che si tratti di vedere in ogni immigrato o rifugiato non un problema ma una risorsa anche economica e sociale oltre che un fratello e una sorella da rispettare e amare come ogni altra persona del nostro Paese”, l’esortazione di mons. Nosiglia, secondo cui “occorre dunque passare dalla cultura dello scarto a quella dell’incontro”. “Invoco Dio Santo, giusto e misericordioso – ha concluso – perché ci aiuti a promuovere il dialogo interreligioso, la conoscenza e il rispetto delle reciproche tradizioni, la collaborazione per costruire una società, più giusta e pacifica per tutti, dove ogni persona possa trovare accoglienza, integrazione e amore”.