Domani, giovedì 6 gennaio, alle 10.30, in occasione della festa solenne dell’Epifania, la chiesa cattedrale di Vicenza tornerà ad animarsi di colori, suoni e canti di ogni parte del mondo grazie alla Festa dei popoli organizzata dall’Ufficio diocesano Migrantes.
La messa presieduta dal vescovo Beniamino Pizziol sarà partecipata in particolare dai migranti cattolici residenti nel territorio della diocesi, che animeranno la celebrazione con canti e preghiere propri dei diversi Paesi di origine. L’invito in cattedrale alla Messa dell’Epifania è rivolto non solo ai fedeli migranti, ma a tutti coloro che sono disposti ad “accorciare le distanze” e superare i pregiudizi. La celebrazione sarà trasmessa in diretta su Radio Oreb e sul canale YouTube della diocesi.
“La Festa dei popoli di quest’anno – spiega padre Sérgio Durigon, nuovo responsabile Migrantes Vicenza – assume significati particolari. L’Epifania celebra i magi che incontrano Gesù e ricorda i migranti cattolici che fanno parte della chiesa vicentina e contribuiscono a renderla più bella e universale. I centri per i migranti, accompagnati dai loro cappellani sono una testimonianza delle tante buone pratiche di reale accoglienza che il nostro territorio continua a vivere”. Nella diocesi di Vicenza, sono 16 i Centri pastorali per migranti di fede cattolica: 7 a Vicenza (per filippini, ghanesi, nigeriani, romeni, srilankesi, latino americani e ucraini), 2 a Bassano del Grappa (per filippini, ghanesi, latino americani e ucraini), 2 a Schio (per ghanesi, nigeriani e romeni), 2 a Valdagno (ghanesi e ucraini) e poi uno a Tezze d’Arzignano (per ghanesi), uno a Creazzo (per africani francofoni) e uno a Chiampo (per ucraini).
“La pandemia – continua padre Durigon – ha accentuato le difficoltà nelle famiglie dei migranti, ha fatto emergere situazioni di criticità. Molti migranti hanno perso il lavoro, sono rientrati nel Paese di origine oppure hanno cercato uno sbocco in altri Paesi. Ascoltiamo notizie che ci parlano di migranti infreddoliti nei recinti della rotta balcanica o fra campi minati e miliziani che picchiano al confine tra Bielorussia, Polonia e Lituania; sono nei campi dell’isola di Lesbo, nei centri di detenzione in Libia o in mano a trafficanti; sono bersaglio dei fucili spianati a Ceuta e Melilla o nelle ‘giungle’ di Calais. Noi crediamo che nell’incontro con la diversità degli stranieri, dei migranti, dei rifugiati, e nel dialogo interculturale che ne può scaturire ci è data l’opportunità di crescere come Chiesa, di arricchirci mutuamente. In effetti, dovunque si trovi, ogni battezzato è a pieno diritto membro della comunità ecclesiale locale, membro dell’unica Chiesa, abitante nell’unica casa, componente dell’unica famiglia. La nostra preghiera oggi si fa comunione con i migranti che sono esposti a pericoli gravissimi, e quanti perdono la vita alle nostre frontiere, a quanti hanno tentato di attraversare il Mediterraneo cercando una terra di benessere e trovandovi, invece, una tomba”.