“La Bibbia non demonizza il denaro, ma invita a farne l’uso giusto, a non restarne schiavi, a non idolatrarlo. E non è facile usare bene il denaro, non è facile”. Lo ha ricordato il Papa, ricevendo in udienza una delegazione dell’Agenzia delle Entrate. “Nella Bibbia non mancano i riferimenti al tema delle tasse”, ha fatto notare Francesco: “Fa parte della vita quotidiana, fin dall’antichità. Ogni impero che ha dominato sulla Terra Santa, e anche i re d’Israele, hanno instaurato sistemi di pagamento delle imposte”. Poi il Papa ha citato le tasse che i Romani esigevano al tempo di Gesù, tramite i pubblicani, che “riscuotevano le imposte in cambio di un cospicuo compenso”. Tra di loro c’erano Zaccheo e Matteo, di cui Caravaggio “ha immortalato il momento in cui Gesù stende la mano verso di lui e lo chiama”. “Aggrappato ai soldi, era così”, ha proseguito a braccio: “Lo guarda con misericordia e lo sceglie: miserando et eligendo”. “Da quel momento, la vita di Matteo non è più la stessa”, il commento di Francesco: “Forse Matteo avrà continuato a usare e gestire i propri beni, e magari anche quelli altrui, ma certamente con un’altra logica: quella del servizio ai bisognosi e della condivisione con i fratelli e le sorelle, come il Maestro gli insegnava”. Il pagamento della decima, inoltre, era “un’usanza comune a diverse società antiche, che prevede il versamento al sovrano di un decimo dei frutti della terra o del bestiame da parte di coltivatori e allevatori”. La decima per i Leviti, come si legge nell’Antico Testamento, “serviva a far maturare nella coscienza del popolo due verità: quella di non essere autosufficienti, perché la salvezza viene da Dio; e quella di essere responsabili gli uni degli altri, a partire da chi è più bisognoso”. “A volte – ha aggiunto il Papa a braccio – quando prendiamo una decisione chiediamo la grazia che ci illumini, ma non sempre chiediamo un’altra grazia: che ci riguarda il cuore, perché una bella decisione ha bisogno di due cose: la mente lucida e il cuore caldo”.