“La storia del piccolo Mustafà e della sua famiglia rappresenta un vero miracolo. Non basta, però, fare collette di generosità: adesso dobbiamo dare loro gli strumenti per costruirsi una nuova strada verso il futuro”. Lo afferma l’arcivescovo di Siena, il cardinale Augusto Paolo Lojudice, in un editoriale che Famiglia Cristiana pubblica nel numero in edicola. Mustafà è un bambino di cinque anni nato senza arti per colpa di un bombardamento aereo con armi chimiche in Siria diventato famoso per una foto in cui è ritratto insieme al padre. Ora è accolto nell’arcidiocesi di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino insieme al padre Munzir, la mamma Zeynep e le due sorelline. “Quella foto del padre e figlio nel gesto di guardare il cielo è stato uno scossone”, scrive il cardinale Lojudice. “La loro storia è ormai planetaria, ma per la nostra diocesi è un segno insieme ad altri segni. Una condivisione, un’esperienza come altre di accoglienza che stiamo vivendo e che veramente vorremmo portasse al bene loro e di tutte le persone che incontriamo. È la Chiesa che li accoglie e in questo caso mi sento di rappresentarla con profondo senso di responsabilità. Si tratta di un dramma umano di una famiglia che è diretta conseguenza della guerra, quella in Siria, follia distruttiva ed efferata. Il risvolto positivo è che, grazie a una foto, si è potuto conoscerli, intercettarli e mettere in piedi una rete di solidarietà e accoglienza che ancora è tutta da costruire nei suoi particolari”. “La nostra prima missione ora è capire le loro aspettative”, conclude il cardinale Lojudice. “Papà Munzir, Mustafà, le sorelline e la mamma parlano solo arabo (anche se già Mustafà pronuncia qualche parolina in italiano), ma spero di potere al più presto conversare con loro ascoltandoli. Con l’aiuto di mediatori linguistici o di app cercheremo di conoscerli e cercare di capire cosa sentono nel loro cuore. In una famiglia si fa così”.