Perù: polemiche dopo sversamento di petrolio. Lévano (attivista ambientale) al Sir, “no fatalità, si poteva intervenire prima”. Altri allarmi in Amazzonia

(Foto: ministero dell'Ambiente del Perù)

La “colpa” è stata data, in modo forse un po’ superficiale, al vulcano di Tonga e allo tsunami che è giunto fino alle coste del Perù. Fatto sta che lo sversamento di petrolio nell’oceano Pacifico, di fronte a Ventanilla, non lontano dal grande porto del Callao e dalla capitale Lima, ha provocato un vero e proprio disastro ambientale ed economico, che continua a provocare numerose polemiche in Perù. Il fatto è accaduto oltre una settimana fa, sabato 15 gennaio, nella raffineria di La Pampilla, di proprietà della Repsol, durante un’operazione di scarico di greggio, mentre era attraccata anche una nave italiana di proprietà dei fratelli D’Amico. Gli effetti del disastro sono stati sempre più visibili durante la scorsa settimana, quando la macchia nera – circa 6mila barili di greggio – ha raggiunto una ventina di spiagge, lungo decine di chilometri, alcune isole vicine e la riserva di Ancón. Le polemiche e le prese di posizione, che hanno coinvolto anche la stessa Chiesa peruviana, sono proseguite durante tutto il fine settimana. Nel ricostruire di fronte al Congresso l’andamento dei fatti, il ministero dell’Ambiente, secondo quanto riferito al Sir dal viceministro, Mariano Castro, ha spiegato che le prime ispezioni si sono messe in moto lunedì 17 gennaio, e venerdì 21 è stata emessa la Dichiarazione d’emergenza ambientale. Sono state messe in atto, dai vari soggetti coinvolti, azioni per la mitigazione del danno ambientale.
Di fronte al disastro, appare quanto meno parziale attribuire le cause dell’accaduto all’ondata anomala. “La cosa certa – spiega al Sir Miguel Lévano Muñoz, referente dei programmi dell’Oxfam in Perù e coordinatore del gruppo di lavoro sugli sversamenti petroliferi del Coordinamento nazionale per i diritti umani – è che è mancato un intervento immediato. Si poteva e di doveva intervenire prima. La Repsol ha parlato di fatalità, ma è necessaria un’indagine seria, bisogna dare spiegazioni approfondite. I danni sono enormi, sia per l’ambiente, che per la salute, che per l’economia. Sono compromesse numerose spiagge e il fondo marino. Migliaia di pescatori non possono lavorare e ciò impatta anche sulle fasce povere della popolazione che si vedono private di fonti primarie di alimentazione”. Difficile anche concretizzare una seria “riparazione” per le popolazioni coinvolte, secondo Lévano, poiché “manca in Perù una legislazione seria, a questo proposito”. E resta una forte preoccupazione per la salute, mentre “per la pulizia ci vorranno anni”.
Anche se il problema è emerso a causa di questo plateale disastro avvenuto a poche decine di chilometri da Lima, il tema degli sversamenti petroliferi è del resto molto diffuso in Perù, e proprio in questi giorni è giunto un allarme dalla regione amazzonica di Loreto, per una rottura dell’oleodotto nordperuviano. “È proprio così, gran parte degli sversamenti di petrolio avviene in zona amazzonica, nel silenzio generale. Nel Paese, in 24 anni, ci sono stati oltre mille sversamenti, e negli ultimi 4 anni è finita sul terreno o in acqua una quantità di oltre 87mila barili di petrolio. I più colpiti sono i popoli indigeni, è una cosa scandalosa”.

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