L’imposizione di nuove tasse ai cittadini è comprensibile e tollerabile in fasi di rilancio e di crescita economica, ma diventerebbe un ulteriore fattore di ingiustizia e sofferenza per le genti del Libano, alle prese con una crisi devastante che sta spingendo la maggioranza della popolazione sotto la soglia di povertà. È questo il giudizio netto espresso dal patriarca maronita Béchara Boutros Raï, in merito alle misure studiate dal governo, attualmente impegnato a discutere la bozza del documento di programmazione economica per l’anno in corso predisposto da Youssef Khalil, il ministro delle finanze politicamente legato al presidente del Parlamento, lo sciita Nabih Berri. Oggi, riferisce l’agenzia Fides, il Consiglio dei ministri del Libano, presieduto dal premier Naguib Mikati, è tornato a riunirsi presso il palazzo presidenziale di Baabda per la prima volta dopo tre mesi. Le valutazioni critiche del patriarca davanti a un ventilato aumento delle tasse, sono state espresse ieri dal cardinale libanese nel corso della messa domenicale. Il patriarca ha ribadito che nella grave fase vissuta dal Paese un aumento delle tassazioni avrebbe solo l’effetto di rendere irreversibile il collasso economico libanese, impoverendo ulteriormente le famiglie e colpendo le attività produttive. La grave crisi attraversata dal Libano, secondo il cardinale, apre in realtà anche domande sulla natura artificiosa e fragile del rilancio economico registrato nel Paese dopo la guerra civile. Una ripresa avvenuta in modo disordinato, gonfiata dalla bolla della “ricostruzione” immobiliare che ha cementificato gran parte della fascia costiera, con grattacieli costruiti da architetti di fama internazionale e centri commerciali pieni di boutique dei marchi di moda. Una “ripresa” che in realtà non si fondava su un ragionato sviluppo dell’economia reale, e che è stata sempre più condizionata dalle ricette di “ingegneria finanziaria” e di “finanza creativa” seguite anche dalla Banque du Liban, la Banca centrale guidata dal 1993 da Riad Salameh, ex banchiere di Merrill Lynch. Adesso – sottolineano gli analisti – ad aggravare la situazione è sopraggiunto anche l’assottigliarsi del sostegno economico fornito in passato da Paesi arabi del Golfo, che hanno iniziato a lesinare il loro appoggio ai governi libanesi caratterizzati dal ruolo rilevante del Partito sciita Hezbollah, collegato all’Iran. E se il popolo libanese è riuscito a sopravvivere in questo duro inverno, ciò è dovuto in buona parte alle rimesse dei milioni di libanesi all’estero che ogni mese inviano aiuti ad amici e parenti rimasti in Patria.