I lavoratori dipendenti a tempo determinato sono aumentati del 5,4%, passando dai 2,9 milioni di febbraio 2020 a 3 milioni e 67 mila di ottobre 2021. Si tratta un numero maggiore di quello pre-pandemico. Anche le comunicazioni obbligatorie mostrano che nel 2021 la quota dei rapporti di lavoro cessati, con durata inferiore o pari a un anno, era il 74,7% nel primo trimestre e l’82,3% nel terzo trimestre, mentre i contratti con durata tra 1 e 3 giorni sono cresciuti da 265 mila a 433 mila (+63,4%) nello stesso periodo. Questi alcuni dei dati analizzati durante la riunione congiunta, in seduta pubblica, e terminata ieri sera, delle Commissioni Politiche economiche, Politiche sociali e sviluppo sostenibile, Politiche Ue e cooperazione internazionale del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), a partire dalle evidenze emerse dal XXIII Rapporto sul mercato del lavoro e dai contributi di Banca d’Italia, Fondazione Di Vittorio e Inapp.
“L’idea è capire in che modo la marcata crescita acquisita per l’anno appena concluso (+6,2%) si stia trasmettendo ai canali occupazionali, considerando le note segmentazioni del mercato del lavoro in termini generazionali, di genere e di territorio”, ha spiegato il presidente del Cnel, Tiziano Treu, per il quale “restano troppo diffuse ed elevate le forme di lavoro precario, come il part-time involontario e i contratti a termine”. “Qui – ha ammonito Treu – i caratteri negativi non consistono solo nella quantità di lavori temporanei, ma nella loro spesso brevissima durata che impedisce ogni prospettiva di sviluppo, e per altro verso nelle ridotte possibilità di trasformarli in contratti a tempo indeterminato o nei tempi lunghi della possibile trasformazione”. “Questo è un segno drammatico dell’incertezza delle prospettive che pesa anche sulle imprese disponibili ad assumere”, ha proseguito il presidente del Cnel, secondo cui “per contrastare queste forme di precarietà possono essere solo parzialmente utili i vari tipi di incentivi alla stabilizzazione, anche più durevoli e mirati di molti disposti in passato. Così molte limitazioni legali dei contratti a termine si sono dimostrate insufficienti, nonostante se ne siano sperimentate di vario tipo, come le diverse forme di causali, previste secondo e anche oltre le indicazioni europee”.