“Il carcere non può essere solo un serbatoio di uomini colpevoli di reati. I luoghi di pena devono essere visti come ‘ospedali da campo’ per sanare le ferite, offrendo ai ristretti percorsi riabilitativi attraverso le molteplici attività, culturali artistiche e lavorative, per liberarli dall’ozio e dai pericoli di autolesionismo e dai suicidi”. Lo ha affermato l’ispettore dei cappellani delle carceri d’Italia, don Raffaele Grimaldi, facendo riferimento alla relazione della ministra della Giustizia Marta Cartabia, che ha messo in luce, sul mondo del carcere, “questioni irrisolte da lungo tempo”. “Disagi tante volte da noi stessi denunciati – ricorda don Grimaldi -. La violenza nelle carceri, tra le mura dei nostri istituti, è da condannare, non si può più accettare che uomini e donne siano zittiti con azioni di assurde violenza”. C’è poi il “gravoso problema del sovraffollamento” e le “pessime condizioni di molte case di reclusione”. “Perciò – afferma l’ispettore dei cappellani -, nel rispetto della dignità della persona, non dobbiamo tacere quando in molti istituti non sono garantiti l’igiene e il decoro delle strutture come ha ricordato il Papa il 14 settembre all’udienza per i cappellani delle carceri, la polizia, il personale penitenziario e i volontari”. E’ necessario, inoltre, “riqualificare i diversi spazi trattamentali esistenti, spesso abbandonati e inutilizzati” e aumentare il personale “affinché le attività possano decollare”. Bisogna poi “investire sulla formazione permanente” della polizia penitenziaria”. Don Grimaldi ringrazia anche Papa Francesco per il suo intervento di ieri nel quale ha detto: “Non possono esserci condanne senza finestre di speranza. Qualsiasi condanna ha sempre una finestra di speranza. Pensiamo ai nostri fratelli e alle nostre sorelle carcerati, e pensiamo alla tenerezza di Dio per loro e preghiamo per loro, perché trovino in quella finestra di speranza una via di uscita verso una vita migliore”.