Garantire accesso a cure palliative e terapia del dolore su tutto il territorio nazionale. Lo chiede ancora una volta l’Amci – Associazione medici cattolici italiani, in un manifesto a firma del presidente nazionale Filippo Maria Boscia. “La sofferenza del paziente non può essere eliminata a scapito del bene vita”, afferma Boscia secondo il quale nel processo del morire l’azione del medico deve essere di “accompagnamento, di empatia, di umana prossimità, di impegno professionale, certamente sempre rinunciando a terapie sproporzionate o straordinarie, inutili, futili e gravose”.
Di qui la necessità e l’urgenza di “attuare su tutto il territorio nazionale le grandi potenzialità della legge 38/2010 ‘disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore'”, e di realizzarla “in modo omogeneo ed universalistico. Sottolineano l’importanza di queste cure e la necessità di mantenere i malati terminali in un percorso esistenziale, sostanziato al massimo da rapporti umani ed affettivi”.
I medici hanno l’obbligo di indicare “la proporzionalità delle cure” e di “condurre adeguate, efficaci, complete terapie del dolore e cure palliative senza escludere apoditticamente le sedazioni palliative profonde e senza mai determinare atti di abbandono, di allontanamento o di assenza di cure”. I medici cattolici al fine di evitare qualunque fraintendimento “ribadiscono la loro stabile e immodificata posizione così come previsto da un’etica valoriale, che ritengono giusta, nel convincimento che sia di grave impedimento per loro, somministrare farmaci con finalità eutanasica o assecondare volontà suicidarie”.