“Nel 2030 ci saremo? Non ci saremo? Non lo so”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, ricevendo in udienza una delegazione ecumenica della Finlandia. La data citata da Francesco è quella in cui commemoreremo i 500 anni della Confessione di Augusta, definita “un’occasione feconda per confermarci e rafforzarci nel cammino di comunione, per diventare più docili alla volontà di Dio e meno alle logiche umane, più disposti ad anteporre alle mete terrene la rotta indicata dal cielo”. “Quando si farà l’unità?”, l’altro riferimento a braccio sul cammino ecumenico. “Un grande teologo ortodosso specialista in escatologia ha detto: ‘L’unità sarà nell’eschaton’”, ha proseguito il Papa sempre fuori testo: “Ma importante è il cammino verso l’unità. È molto buono che i teologi studino, discutano… Questo è molto buono. Sono specialisti per questo. Ma è anche buono che noi, popolo fedele di Dio, andiamo insieme nel cammino. Insieme. E facciamo l’unità con la preghiera, con le opere di carità, con il lavoro insieme”. Rivolgendosi ancora a braccio ai rappresentanti del popolo Sami, il Papa ha detto: “Caro fratello, vorrei ringraziarti perché hai preso i quattro sogni che avevo con l’Amazzonia, anche tu li hai presi con gli aborigeni della tua terra. Mi viene in mente che un pastore dev’essere concreto con la gente concreta, con il suo popolo concreto, ma che non deve smettere di sognare. A un pastore che si stanca di sognare, manca qualche cosa. Grazie di sognare!”.