La celebrazione che il vescovo di Cremona Antonio Napolioni presiederà nel pomeriggio di domani in cattedrale, in occasione del 750° della morte di san Facio (18 gennaio 1272), sarà caratterizzata anche da un’altra significativa ricorrenza: proprio domani si aprirà l’anno celebrativo per i 50 anni della Caritas diocesana. Un anno commemorativo, di animazione alla carità e di sguardo alle nuove sfide che si chiuderà in un’altra data di particolare significato: il 13 novembre 2022, solennità liturgica di sant’Omobono, patrono della città e della diocesi di Cremona da sempre riconosciuto come “padre dei poveri”.
Caritas cremonese nasce nel 1972 e la sua testimonianza, afferma il direttore don Pierluigi Codazzi, “parte da molto lontano” e costituisce un patrimonio da “vivere con creatività ogni giorno”. A san Facio è intitolata la fondazione attraverso la quale Caritas cremonese raccoglie i contributi – da parte di cittadini, enti e associazioni – da utilizzare per sostenere persone e realtà in situazione di fragilità e di bisogno. In ambito internazionale, in sinergia con l’Ufficio missionario diocesano, la Fondazione accompagna e sostiene i progetti portati avanti da sacerdoti e laici in Libano, Romania, Brasile e Sierra Leone. Inoltre, in coordinamento con Caritas Internationalis, Caritas italiana e Delegazione di Caritas Lombardia, la Fondazione interviene a favore delle popolazioni colpite da calamità naturali o vittime di conflitti. Spesso in Italia a seguito dei più gravi terremoti e nel mondo a fronte di emergenze, come quelle di Libano, Bosnia e Afghanistan. In ambito locale, in rete con i Servizi sociali e il Terzo settore, la Fondazione raccoglie contributi, singoli o continuativi, da parte di famiglie, gruppi parrocchiali e realtà del territorio da destinare al sostegno di persone e famiglie in particolare difficoltà economiche e sociali. Il lavoro, la casa, le spese alimentari e sanitarie, gli studi dei figli sono i principali ambiti di sostegno. Nell’ambito dell’emergenza Covid-19, la Fondazione ha operato e continua a operare in stretto rapporto con la “Borsa di S. Omobono”, il fondo speciale istituito dalla diocesi a favore delle situazioni di fragilità dovute alla pandemia.