“I risultati di domenica 9 gennaio sono una dimostrazione di quanto sia necessario riconoscere e accettare che siamo di fronte a un cambiamento in Venezuela, che implica la necessità di incontro e comprensione, per costruire un Paese libero dall’oppressione e dal deterioramento a cui è stato sottoposto”. Lo scrivono i vescovi della Conferenza episcopale venezuelana, nell’esortazione pastorale diffusa al termine della loro assemblea plenaria, analizzando il risultato delle elezioni regionali e municipali del 21 novembre e quanto accaduto, più recentemente, con le elezioni nello stato di Barinas. Qui, lo scorso 9 gennaio, in occasione della ripetizione delle elezioni per il governatore (dopo il 21 novembre lo scrutinio era stato interrotto, quando l’opposizione era in testa) la coalizione che si opponeva a Maduro ha vinto in modo perentorio, proprio nella terra che aveva dato i natali a Hugo Chávez.
L’episcopato venezuelano, anche attraverso il cammino del Sinodo e una conversione missionaria, afferma di voler motivare tutti i settori del Paese “ad assumere il proprio impegno storico in Venezuela, a continuare a lavorare per la comunione, la pace e il benessere materiale e spirituale del nostro popolo”. Rispondendo alle domande dei giornalisti, mons. Raúl Biord, segretario generale della Cev, ha evidenziato che la sinodalità stessa è una via per la ricostruzione sociale. Mentre mons. González de Zárate ha affermato: “L’appello che facciamo è che tutti noi, come leader del Paese, partecipiamo” e che “le istituzioni sociali e non solo i partiti politici, diventino attori di questo rinnovamento di cui abbiamo bisogno”. Ha aggiunto che “la Chiesa ha sempre optato per il dialogo”, ma che i suoi interventi sono stati anche molto espliciti per dire che “non si tratta di un dialogo qualunque, semplicemente di condividere parole e informazioni; il dialogo deve avere obiettivi concreti, deve essere svolto attraverso un percorso serio nella ricerca di realizzazioni che rispondano ai bisogni del Paese”.