In occasione della festa della patrona dell’arcidiocesi di Oristano, Nostra Signora del Rimedio, nel santuario a lei dedicato, l’arcivescovo di Oristano ha presentato le mani ferite di uomini e donne colpiti dagli incendi del luglio scorso che hanno devastato migliaia di ettari dell’Oristanese e della Marmilla. “Assieme al dolore nel vedere la natura della nostra isola distrutta e deturpata, si è aggiunto ancora di più quello di vedere i volti segnati dall’angoscia e dal dolore di coloro che in questi incendi hanno perduto tutto: il lavoro di anni, i sacrifici di una vita, il sudore di tanto impegno. Ci ha fatto male vedere – ha detto il presule – gli animali morti che non hanno potuto scampare alle fiamme”.
Saranno le autorità preposte a dire quanto è presente la mano dell’uomo, l’intenzione criminale, gli interessi privati legati agli incendi, insieme con la scarsa attenzione e la superficialità. “Purtroppo, ancora una volta si leva, ma sembra inascoltato, il coro di tanti cittadini che chiedono più uomini, più risorse, più pianificazione, più controllo. Sono anni che sentiamo questo ritornello, che ritorna puntuale – aggiunge mons. Carboni – ma solo dopo che si cammina sulla cenere e si contano i danni. La prevenzione e l’educazione costante al rispetto sembrano pii desideri piuttosto che reali progetti”.
L’arcivescovo propone azioni preventive e educative finalizzate a creare una cultura del rispetto per la terra di Sardegna, “che deve innanzi tutto venire dai suoi stessi figli. Propongo che ragazzi e giovani che inizieranno tra poco la scuola siano portati a camminare in mezzo ai boschi, ridotti in cenere, e contemplare gli ulivi centenari distrutti, a vedere le carcasse degli animali morti, le case dei pastori e degli agricoltori ridotte in macerie, per prendere coscienza che tutto questo ci deve interessare, è nostro, che siamo coinvolti in questo dolore e la nostra incuria e disattenzione hanno la capacità di creare un futuro povero in molti sensi, se non ci si impegna davvero”.