“Il metodo, il percorso per arrivare alla sinodalità è già la sinodalità. Se non vogliamo incappare in un clamoroso autogoal o essere rimproverati di strabismo, non possiamo immaginarci di distinguere troppo il percorso per arrivare alla sinodalità dalla stessa sinodalità in quanto tale”. Lo ha affermato questa mattina padre Fabio Scarsato, direttore editoriale del Messaggero di Sant’Antonio, intervenendo alla 70ª Settimana di aggiornamento pastorale promossa dal Centro di orientamento pastorale (Cop) ad Assisi sul tema “In cammino verso il Sinodo della Chiesa italiana”.
Chiamato ad individuare “Le virtù sinodali”, p. Scarsato ha sottolineato che sinodalità è “comunionalità in cammino”. “Cammino sinodale”, ha spiegato, “è quasi una tautologia, se pensiamo all’etimologia greca… potrà mai sussistere una sinodalità che non sia sempre per strada, in cammino?”. “San Francesco – ha ricordato – esortava i suoi frati ad essere ben contenti di stare ‘lungo la strada’” con la gente. E i cristiani erano inizialmente chiamati “quelli della via”. La Chiesa “non se lo dimentichi d’ora in poi, riducendo la sinodalità a un contenuto tra gli altri, e non invece anche subito a un metodo irrinunciabile”, ha sottolineato. Indicando poi la leggerezza come “possibile virtù sinodale”, il religioso ha evidenziato che “il metodo è già contenuto”. “La virtù, secondo le classiche definizioni, è un abito operativo buono, è perciò creativo”. Inoltre, le virtù “non sono fini a se stesse o rispetto alla propria realizzazione, nemmeno ecclesiale. La virtù – ha proseguito – non è una posa. Ma un movimento, tanto più se è in cammino, per strada”. Pensare alle virtù, ha aggiunto, “aiuta ad essere consapevoli che niente, neanche una Chiesa perfetta, sarà semplicemente frutto nostro e delle nostre presunte o vere capacità”. “In questo senso – ha precisato –, il contrario di virtù non è il vizio ma la mancanza di fede”. Scarsato si è poi soffermato sul binomio ascolto-dialogo. “L’ascolto, del resto molto citato nei documenti preparatori del Sinodo e della sinodalità della Chiesa italiana, è la capacità di attivare mille orecchie e mille occhi” ma che “se non diventa dialogo è sterile, e soprattutto autoreferenziale”.